Crisi di rappresentanza e illusioni pericolose
 











Non sono certamente poche né irrilevanti le contraddizioni che distinguono il nostro tempo. Soffermandoci  per qualche istante sugli aspetti civili e culturali dell’attuale  società,  alcuni contrasti appaiono sotto certi aspetti perfino inconcepibili. Viviamo infatti in un contesto  per così dire di “connessione” universale, dove tutti sono o  possono essere  in relazione con tutti  in tempo reale e  sempre più desiderosi di mettersi in mostra o   scoprire ciò che accade in casa d’altri,  ma poi  registriamo paradossalmente  un’esclusione dalla vita comunitaria e un disinteresse  clamoroso per  eventi che ci toccano da vicino.

In  questo quadro alcuni dati appaiono sicuramente sbalorditivi. Se prendiamo in considerazione  la partecipazione collettiva alla vita democratica facertamente sensazione la ritirata progressiva  dal contesto pubblico tenuto conto che  alle  ultime consultazioni  elettorali  europee è stata registrata un’astensione di quasi il 52 per cento, un dato tra l’altro in progressiva crescita che fa da contrasto, tanto per citare un precedente, con quanto avvenne alle elezioni del  parlamento europeo del 1979 quando l’astensione fu soltanto del 14 per cento. Ora interrogarsi sulle ragioni di tale disimpegno non è certamente questione futile giacché ci permette di capire  lo “stato dell’arte” in maniera significativa. Una prima considerazione è di carattere per così dire esistenziale nel senso che una grande quantità di  persone   si dimostra insoddisfatta di come procede la vita comunitaria per ciò che riguarda  aspetti fondamentali del vivere civile come la sanità, la scuola, la propria condizione lavorativa, e più ancora le aspettative professionali e la fiducia in una  vitamigliore per sé e gli altri e di conseguenza si trincera sempre più nel proprio privato rinunciando ad ogni forma di partecipazione collettiva visto che “anche l’esercizio del voto è vanificato” (copy Presidente Mattarella) .Evidentemente  le  proposte  che di volta in volta vengono offerte  dalla “piazza” sono giudicate  inadeguate  e niente affatto capaci di invertire la rotta. E occorre dire  che questo esercito  di delusi non ha poi tutti i torti se si va a sfogliare l’album di coloro che hanno avuto in mano le redini del paese  negli ultimi trent’anni: una pletora di arrivisti, dilettanti,  illusionisti  e giocolieri da circo, addirittura  mestatori allo sbaraglio del tutto incapaci di  offrire e organizzare un sia pur minimo ma accettabile progetto  di crescita civile e politico.
Il problema del resto ha origini profonde e chiama in causa la struttura culturale del paese  che dovrebbe fare da guida allosviluppo e al cambiamento  e che appare viceversa sempre più traballante  o insufficiente.  Ed è proprio qui che si annida il nodo cruciale della questione. La cultura, quella vera, serve proprio per capire se stessi  e l’epoca in cui viviamo; viceversa  un continuo allentamento delle  condizioni necessarie per  poter capire  rappresenta il vestibolo  in cui finisce per  allignare  ogni forma di  irreale credenza.  E di conseguenza si fa avanti tutto un repertorio  di farse da avanspettacolo con protagonisti  che  reiterano all’infinito  se stessi  e i propri ruoli. Basta osservare del resto le “”formazioni” che  ogni giorno scendono in campo   nelle  diverse stazioni televisive, pronte a ripetere un canovaccio senza presa e al quale ormai nessuno crede.   Certo i  rischi di questo disimpegno sono  innegabili perché spingono verso un appiattimento deicomportamenti con  il sopravvento di un sovranismo che  può sfociare , come è avvenuto altrove nell’affermazione di una  forma di oclocrazia, affidare cioè il tutto nelle mani di un personaggio ritenuto  “forte” con l’illusione di  realizzare  un “governo del popolo”. Il gioco può risultare facile proprio per le carenze culturali alle quali si è fatto riferimento. Secondo stime accertabili  la capacità di apprendimento è in costante ribasso, un sempre maggior numero di nostri concittadini non capisce quello che legge e a tale proposito riscontriamo che più della metà della popolazione non legge affatto né ha sfogliato un libro nell’arco di un anno. In assenza di capacità critiche  tutto  evidentemente può apparire credibile con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Antonio Filippetti






2025-01-01


   
 



 
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