Le Olimpiadi dello spreco
 











Ha fatto molto discutere  la cerimonia d’apertura delle recenti Olimpiadi parigine; ora  senza voler entrare nel merito estetico/spettacolare dell’evento, che comunque è stato sicuramente tra i più brutti in assoluto,  e tralasciando anche  la fandonia dell’amicizia tra i popoli (prova ne sia  l’indifferenza verso le guerre in corso),  la considerazione  che mi pare possa essere più pregnante riguarda i costi  (e gli sprechi) che la manifestazione dei cinque cerchi ha comportato. Si ha a che fare infatti con cifre da capogiro;  secondo  una stima tuttora parziale  si parla di oltre 10 miliardi di euro ma se si tiene conto di tutto quanto hanno speso  poi i paesi partecipanti la cifra complessiva è di gran lunga superiore. Il tutto per  “festeggiare” quindici giorni di esibizioni varie. Ora che lo sport sia una componente  tutt’altro che secondaria nella dinamica della vita dei popoli è fuori discussione. Tuttavia è ugualmente innegabile che ci sia  anche dell’altro. In un universo globalizzato bisognerebbe  saper orientare lo sguardo  e agire di conseguenza. Accade che nel mondo vi siano al momento circa 800 milioni di individui che   muoiono di fame, nel totale disinteresse di tutti gli altri. Per  un veloce raffronto si tratta di quasi tre volte la popolazione degli Stati Uniti  e almeno dodici volte quella della Francia.
Ora se la celebrazione di una competizione olimpica è un evento  di riguardo (festeggiato  tuttavia in condizioni di  blindato terrore, senza parlare degli speculatori attratti dall’arricchimento momentaneo), un po’ di attenzione non occasionale andrebbe rivolta ai derelitti  del mondo e magari andrebbero dirottate un po’ di risorse a loro favore. Molte vite si potrebbero salvare, anche rinunciando a qualche prestigiosa medaglia. L’ideale ovviamente sarebbequello di fare tutto, dar vita cioè ad eventi sfarzosi e costosissimi  e nel contempo riservare la giusta attenzione ai meno fortunati  ma se tutto non si può fare bisognerebbe  tener almeno ben presente l’ammonimento oraziano secondo cui  “est modus in rebus”. Del resto le competizioni sportive non mancano davvero, in tutte le discipline, sia a livello continentale che universale. C’è anzi chi sostiene che ve ne siano pure troppe, e spesso allestite unicamente  per scopi economici e speculativi. Prevale in ogni caso  la sfrontatezza e il cinismo della “filosofia” dello show che  ovviamente “must go on”. Prova ne sia  la partecipazione di  nazioni in guerra  con territori distrutti dalle bombe e abitanti ridotti alla fame. E poi   dobbiamo ancora sorbirci la filastrocca che lo sport affratella e unisce i popoli.
Antonio Filippetti






2024-09-01


   
 



 
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