Una modesta proposta per i premi letterari (e non solo)
 











Una delle passioni più travolgenti dei nostri connazionali sembra essere strettamente collegata al desiderio di vincere un premio letterario. E visto che il mercato dei potenziali aspiranti è così vasto, ogni giorno c’è qualche organizzazione  che se   ne inventa uno nuovo nella certezza  di riempire l’elenco dei partecipanti  in  un battito d’ali. Un’indagine sulla quantità e natura dei premi in Italia non è stata mai fatta, ovvero non è stata possibile farla poiché i dati che ne derivano sono sempre parziali  tenuto conto che ogni giorno la lista si allunga. In definitiva non sappiamo quanti sono i premi, viceversa, a scorgere il curriculum di tutti gli autori è difficile se non impossibile trovare un nome che non si sia aggiudicato  almeno un alloro.
La conclusione che ne deriva è che in fondo sono tutti bravi, alcuni bravissimi (di premi ne hanno vinto a dozzine) e la letteratura può percosì dire stare tranquilla nel senso che non mancano paladini d’indiscusso livello a tenere alto il blasone delle patrie lettere. Poi però nasce qualche altra considerazione.
I premi, oltre ad essere un contentino assai misero, sono l’espressione di una ragnatela di scambi di cortesie, il risultato di un indomabile  amichettismo  che si alimenta della reciproca vanità e che naviga  in uno stagno  frequentato  da illusi e illusionisti  dove l’arte e la poesia fanno raramente capolino e che  alla fine   si riduce alla soddisfazione di una bacheca di onori tutto sommato assai inconsistente.
Una prova indiretta di questo pantano in cui si muove attualmente la società delle patrie lettere è data dalla scomparsa non soltanto delle collane di critica letteraria ma anche di adeguate recensioni, tanto è vero che   non capita mai di imbattersi in una stroncatura (un’analisi severa e circostanziata), tenuto conte delle considerazionifatte in precedenza. I libri cioè sono tutti apprezzabili e dunque meritevoli di qualche encomio. E gli autori sono tutti felici come una Pasqua.
Tuttavia si potrebbe almeno tentare di contenere questa deriva narcisistica che farebbe poi bene anche agli autori stessi obbligandoli a una maggior disciplina nel loro lavoro senza la smania di pubblicare a getto continuo per fare incetta di notorietà e riconoscimenti vari. Una misura al tempo stesso ironica e originale potrebbe essere quella di ispirarsi a quanto avviene negli Stati Uniti con i “Razzie Awards”  cinematografici.  Infatti dal 1981,  come contraltare ai famosi Oscar, è stato indetto il premio dei “Razzie”, assegnato il giorno prima della cerimonia della  consegna  delle ambite statuette e dedicato alle peggiori performance delle diverse categorie: film, regia, attore, attrice, e così via. “Razzie” deriva da un verbo che significa spernacchiare e il “trofeo” che viene assegnato vale meno di cinque dollari. Nell’”albo d’oro” del premio, giusto per dire, figurano anche  star amatissime dal grande pubblico  che si sono viste “premiate” per pessime prove. E due stelle come Sylvester Stallone e Madonna sono state riconosciute, nelle rispettive categorie, come i peggiori attori del XX secolo (Stallone ha anche “vinto” il premio ben dieci volte). Del resto chiunque può incappare in un episodio negativo, prova ne sia, ad esempio, che un’attrice come Sandra Bullock vinse nello stesso anno (2009) i due premi, il “razzie” e l’oscar, naturalmente per due film diversi (ed è stata finora  la sola star ad andare a ritirare  il riconoscimento “razzie”, visto che nessuno accetta di essere certificato come “il peggiore”).Il risultato alla fine potrebbe essere positivo, ovvero potrebbe  costituire  un ottimo deterrente per invitare a riflettere sul proprio lavoro da parte dell’intera filiera coinvolta   (autori, editori, distributori, critici, ecc.).E potrebbe poi essere anche una guida per il lettore così spesso preso nella morsa di annunci ingannevoli e fasulli sulla bontà di determinate operazioni premiaiole. E a ben guardare, vista poi l’epidemia generale di premi di ogni tipo, un’operazione “razzie” sarebbe auspicabile anche per altri settori, diciamo che potrebbe riguardare tutto il mondo dello spettacolo (cinema, teatro, televisione, sport, entertainment) e più ancora  interessare la politica e l’economia anche se in  questo caso i riconoscimenti “razzie” dovrebbero  moltiplicarsi a dismisura.
Antonio Filippetti






2024-10-01


   
 



 
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