Il nostro è sicuramente un tempo che con il linguaggio politico di una volta potremmo definire di opposti estremismi. Ma in questo caso la politica c’entra fino a un certo punto e soltanto in parte ( o meglio come parte di un insieme). A guardare l’evoluzione della vita sociale, civile, culturale e così via, quello che salta prepotentemente agli occhi è il profondo e non di rado straziante contrasto tra due realtà che, oltre ad essere tra di loro inconciliabili, professano comportamenti e ”punti di vista” completamente opposti. Accade in tutti i settori e coinvolge (o forse travolge) aspetti grandi e piccoli della vita sociale di ogni cittadino. Intanto, com’è del resto noto da tempo, l’enorme sproporzione della distribuzione della ricchezza in mano sostanzialmente ad un piccolo manipolo di detentori mentre il grosso del pianeta si deve accontentare di briciole spesso conquistatesolo a prezzo di estenuanti lotte fratricide o mercenarie. La gestione delle capacità sempre più invasive della più sofisticata tecnologia è appannaggio di pochi “privilegiati” a livello planetario così come avviene per i “gatekeepers” della comunicazione mentre “tutti gli altri” obbediscono in silenzio e talvolta con atteggiamenti perfino plaudenti. Ecco: qui si rileva una condiscendenza che non fa sperare nulla di buono, anzi. Ed è proprio l’acquiescenza diremmo universalmente passiva a ciò che viene concesso ovvero la mancanza di una presa di coscienza dello stato di sudditanza che incute una certa apprensione. Poi c’è dell’altro. Per restare, ad esempio, in casa nostra e in un ambito ampiamente condiviso a livello popolare, quello dello sport, ci inorgogliamo a dismisura per la squadra locale che è la più forte del lotto e la città si candida addirittura a capitale europea dellosport ma per contro, pur in un contesto così esaltante, viene ignorato il totale abbandono in cui versano gli impianti sportivi, alcuni dei quali a ridosso dell’ormai mitico “Maradona”, accettando da decenni con disarmante disinvoltura o in ossequioso silenzio questo status quo da terzo o quarto mondo. Ma per restare ancora in ambito sportivo si continua ad esempio a spingere e sollecitare chi di dovere perché si concedano fior di milioni a giocatori, procuratori e bellimbusti vari ignorando quanto questi quattrini (almeno una parte) potrebbero essere utili, tanto per dire, per altri scopi ben più urgenti e caratterizzanti, mettiamo alleviare le pene di chi soffre davvero o soltanto per dare un po’ di ossigeno ai percettori del fu reddito di cittadinanza. Il dramma di questo stato di cose non consiste tanto (o almeno non solo) nel dover ammettere l’esistenza di tali incredibilidiscrepanze quanto proprio nel dover constatare come le suddette aberrazioni vengano supinamene accettate. La ragione è da ricercare in quello che un “filosofo planetario” come Edgar Morin ha individuato nella crisi del pensiero universale. E non a caso certamente, malgrado abbia superato il secolo di vita, il grande studioso non si stanca di suggerire ipotesi di resipiscenza umanitaria tanto è vero che ha dato a un suo recente pamphlet il titolo esortativo di “Svegliamoci!”: forse un estremo (disperato) invito a ravvedersi prima della catastrofe totale. Antonio Filippetti |