Miryam Sarah Esther BENVENUTO D’ALONZO spent over 36 years of her lifetime in the teaching of mathematical sciences and physics and was soon acknowledged as one of the more eminent Italian professors. She worked with the “L. Bocconi” Commercial Free University of Milan, the “Edmond School” publishing group, the “Mathesis”, the “G.B. Paravia & C.” publshing house and the Institute of the “Treccani” Italian Encyclopaedia, before becoming vice-chairwoman of the “Italian School” in Addis Ababa (Ethiopia) in 2002, a post she held for five years, and then coordinator of the “Seksionet Dygjuheshe Shqiptaro-Italiane ‘Fajk Konicai’ dhe ‘Themistokli Germenji’ nè Korça” (Albania). As professor she was responsible more than any other government official for the preservation of the Italian culture and to encourage the study of the Italian language and historyof literature, art and scientific progress. She died in Tirana (Albania) in 2012.
La Prof. Dr. Miryam Sara Ester Benvenuto, consorte del Col. A.A. Giovanni d’Alonzo, ‘ordinaria’ di Matematica e Fisica nel Liceo Scientifico ‘Alessandro Volta’ di Foggia e ‘comandata’ dal nostro Ministero degli Affari Esteri alla docenza delle stesse discipline nelle Seksionet Dygjuheshe Shqiptaro-Italiane ‘Fajk Konica’ dhe ‘Themistokli Germenji’ di Korça (Albania), è deceduta il 17 aprile 2012 nello Spital ‘Nènè Teresa’ di Tirana (Albania), ove era stata ricoverata d’urgenza per un improvviso gravissimo malore. Nata a Foggia il 3 gennaio 1953 dai coniugi Prof. Avv. Emilio Benvenuto e n.d. Ines Fontana, aveva compiuto i suoi studi a Foggia, ove era stata alunna della Scuola Media Statale ‘Giosué Carducci’ e del rinomato Ginnasio Liceo ‘Vinccenzo Lanza’. Dopo la maturità classica,volle iscriversi al Corso di Laurea in Matematica della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali della Università degli Studi di Bari. Non v’era in questa sua scelta alcuna contraddizione con gli studi umanistici sino allora seguiti: proprio lo studio della filosofia – obiettava al reticente genitore, di famiglia di solida tradizione culturale umanistica, non certo quindi felice di questa sua scelta, che pur lasciava libera – l’aveva indotta ad amare la matematica moderna, che per il suo ricchissimo apparato logico e le indagini fondamentali condotte, era stata capace di inserirsi in una cerchia di problemi filosofici ancora irrisolti, ma alla cui soluzione, più di qualsivoglia altra disciplina scientifica, era stata in grado di validamente contribuire. Citava l’esempio dell’assiomatica: in molti campi della matematica (anzitutto della geometria) era stato messo in luce un nucleo logico primo e tutti gli altri concetti erano stati desunti in modo logico-formale dapochi concetti originari, tutti i teoremi da pochi enunciati fondamentali, i cosiddetti assiomi. Se pure, in passato, questi assiomi erano stati ritenuti indimostrabili, affermazioni evidenti circa determinati oggetti, parecchi complessi di essi avevano già a sufficienza mostrato di saper esprimere in sé - e quindi in tutte le loro conseguenze - relazioni della stessa forma e ormai avevano preso un’importanza decisiva per la matematica (vigente non solo tra grandezze), invece del soggetto originario di essa (la grandezza): la matematica era divenuta più astratta, la sua costruzione più rigorosa di quella di qualsivoglia altra scienza. Ritenutasi non più sufficiente la matematica della vecchia Scolastica, persino la Neoscolastica aveva cominciato a occuparsi degli ultimi sviluppi di una matematica, che andava assurgendo al ruolo di regina delle scienze. Miryam se ne sentiva attratta e a questo moto voleva contribuire. L’attraeva soprattutto la possibilità di analisi, offertadalle scienze matematiche e soprattutto dall’algebra – e quindi dell’occuparsi delle funzioni razionali – e dal calcolo infinitesimale, fondato sul concetto di limite e su quelli, a esso subordinati, di derivata e integrale. Conseguì brillantemente, il 16 settembre 1976, allieva del Prof. Mario Coclite, il dottorato in Matematica, con tesi di laurea, appunto, in Analisi Superiore, nella adita Università degli Studi di Bari, rimastale sempre cara. Tema e titolo di questo suo lavoro furono le “Perturbazioni singolari”. In dinamica, statica e cinematica si dà il nome di perturbazioni a tutte le forze che, diverse magari di origine e di natura, tendono ad alterare lo stato di equilibrio e anche di moto di un sistema. Perché si possa tener conto delle perturbazioni, occorre che le stesse siano abbastanza piccole rispetto alle forze applicate. La teoria delle perturbazioni è u ramo della meccanica in cui si ricercano diversi gradi di approssimazione per il caso in cui alcunedelle forze che agiscono su un sistema si possono, o si debbono, considerare come delle perturbazioni che, a un certo istante, sono state applicate al sistema, allontanandolo da una configurazione di equilibrio. In genere la teoria non dà buono risultati se le forze considerate perurbanti non sono sufficientemente piccole rispetto alle altre: a esse, singolari appunto, fu rivolta l’attenzione della Benvenuto. In quanto all’importanza della sua ricerca, basti considerare che, in astrnomia per esempio, il moto degli astri è dovuto all’influenza degli altri corpi celesti, siano pur minimi. La severità degli studi, seguiti peraltro con vera passione, non la distolsero dall’interesse per la politica: fu militante, pur se non marxista, di sinistra e tra i più attivi partecipi della rivoluzione culturale e fra i capi del Movimento Studentesco e sindacalista. Nel valutare gli aspetti e il ruolo attuale dell’Università italiana, rimasta purtroppo ultima roccaforte del feudalesimo, irimedi dovevano porsi ovviamente e principalmente – a suo avviso - alle radici. Si trattava di porre fine alla economia chiusa del sapere, si trattava di infrangere le caste, per dare all’alta cultura la possibilità di circolare liberamente, di affermarsi e di progredire realmente. L’Università doveva riacquistare il suo originario concetto di Universitas, cioè d’insieme di maestri e discenti, che prendessero, ciascuno per la propria parte di responsabilità, parte attiva alla vita culturale, politica e amministrativa del tutto. Ma, per gli ampi poteri, che cadevano nelle mani e nelle ambizioni di chiunque si fosse insediato su una cattedra universitaria, anche se fosse stato l’uomo più saggio del mondo, egli finiva col credersi un ‘grande’ e la mania dell’auto-convinzione di ‘maestro’ e la conseguente necessità di una scuola e di un seguito finivano coll’avvincere tutti. Tutti quelli che erano in cattedra erano ‘maestri’, comunque vi fossero arrivati, e, se si era‘maestri’, chi altro poteva osare di assumere nell’ambito dell’Università atteggiamenti di indipendenza e di libertà di pensiero? Chi poteva essere più . . . ‘grande’ del ‘maestro’? Con queste convinzioni, che erano largamente diffuse negli Atenei italiani, specie quando si dimenticava a casa il velo della cortesia e della prudenza, il ridicolo si mescolava al tragico e ne scapitavano l’Università tutta e il progresso della scienza. Miryam e i suoi compagni ben sapevano di scoprir nulla che non fosse già arcinoto a chiunque avesse messo piede per qualche tempo nell’Università. Né, per amor di patria, dicevano tutto ciò che loro era noto a questo proposito. Volevano, però, pensare ai rimedi, perché l’Italia uscisse da questo stato di pochezza nel campo degli studi, dovuto proprio al fatto che il merito all’Università ci stesse, quando per puro caso capitatovi, come il classico cavolo a merenda, mentre era la volontà d’imperio e la presunzione baronale che viregnavano sovrane. Ma – riconoscevano tutti in quegli anni – non era solo dell’Università, ma di tutta la scuola italiana che si auspicava un’integrale riforma e il pensiero di Miryam non poteva che riandare al suo vecchio caro Liceo. La grande tradizione di questa scuola era tale che non se ne poteva, a suo avviso, parlare senza grande rispetto. Negli ultimi tempi, però, per l’affluire di un gran numero di giovani dotati delle capacità più disparate, si era prodotto, nei Licei, una certa elefantiasi, che non aveva giovato, certo, ad accrescere ovunque la loro attività dal punto di vista qualitativo. Eppure, in una riforma generale di tutta la scuola italiana, il Liceo, sia classico che scientifico, era forse l’istituto che poteva rimanere intatto, solo che in esso penetrasse lo spirito dell’auspicata riforma, che si proponeva di fare di ogni scuola un luogo di vita reale, al lume di un interesse vivo e presente, che tutti impegnasse, discenti e docenti. Qui,l’interesse primario doveva rimanere quello degli studi, ma da essi si doveva trarre una cognizione più responsabile del presente, in cui e per cui si viveva, prima di accedere alle specializzazioni in sede universitaria. Gli studi storici, condotti con la maggiore obiettività realistica, ma sempre in vista della considerazione della loro utilità nel presente, dovevano costituire la base di ogni insegnamento. La storia è contesta di fatti reali, che solo al lume di una critica realistica devono essere intesi. Si poteva, quindi, eliminare da essa il troppo e il vano e renderla tangibile agli interessi reali dei giovani. La storia del pensiero, la storia politica, economica e sociale, la storia delle conquiste matematiche e scientifiche, la storia delle arti e delle lettere antiche, medioevali e moderne, sempre vagliate col criterio della loro efficacia nell’era nostra, ecco la materia tutta che doveva vivere nel Liceo. Non era una figura poetica l’espressione che Miryam usava:“La materia deve vivere”. Era, invece, un imperativo didattico. O quella materia viveva e dava frutti vitali, o era meglio eliminarla subito. Ciò diceva soprattutto per quanto si riferiva allo studio delle lingue e di quelle classiche, in particolare, giacché queste continuavano a insegnarsi esattamente come al tempo dei ‘grammatici’, che fiorirono dall’età carolingia a tutto il Cinquecento e oltre, fino ai giorni nostri. I grammatici avevano ragion d’essere, quando la lingua latina, per l’azione devastatrice delle lingue dei ‘barbari’, stanziatisi nelle terre dell’Impero, era stata corrotta e bisognava farle recuperare l’antica purezza. Naturalmente, un linguaggio guasto si corregge col richiamo alle norme grammaticali e sintattiche. Ma, nell’età nostra, il latino viveva solo come la radice di un albero, che aveva diversi tronchi, quante erano le lingue romanze, o neolatine, esistenti. Perciò, lo si trovava intatto e puro nei testi dell’età sua, che si potevanoapprendere, purché li si andasse a rintracciare. Certo, bisognava saperli leggere e capirli. Ma a leggerli e capirli non ci si preparava, mandando a memoria le regole grammaticali e sintattiche. Queste si capivano di pari passo con la comprensione del testo e a questa ci si preparava solo trattando con esso. Era ben vero che non ogni testo era buono in sulle prime, come pure lo era che ogni testo andava adeguato alle teste. Ma non si insegnava greco o latino senza testi relativi, adatti alla preparazione e alla capacità di intendere dello studente. Con ogni testo, quale che fosse, si trattava utilmente usando il suo stesso linguaggio, il che non era facile, ma era ciò che costituiva, insieme, il mezzo e il fine dello studio di queste lingue. Era il mezzo, perché come a nuotare si impara nuotando (e la genitrice e lei erano esperte nuotatrici), anche a costo di inghiottire frequentemente boccate d?acqua salmastra, così a capire il testo, greco o latino, si potevariuscire parlando e pensando in greco o in latino, anche a costo di commettere frequenti spropositi. Il rischio era grande, ma il diletto e l’impegno a superare gli errori erano e diventavano sempre più grandi, se l’apprendimento era guidato e condotto con criterio: una direttiva, questa, peraltro estremamente valida per l’apprendimento di lingue straniere moderne, che nel Liceo andava potenziato. Era il fine, perché a cos’altro doveva servire lo studio delle letterature antiche se non a dare ai giovani la comprensione e lo spirito di quei tempi che furono maestri di civiltà per tanta parte dell’umanità e pe noi Italiani in particolare? Capire quei tempi, che erano ancor sempre la radice della nostra civiltà, significava capire quanto stesse alla base della nostra struttura presente e alla conoscenza di noi stessi. Il che non era cosa di poco conto, perché significava cessare di vivere alla giornata, come bruti, ma vivere seguendo “virtute e conoscenza”. Quel chediceva dell’apprendimento della spiritualità del mondo antico, con gli opportuni accorgimenti andava Miryam ripetendo per l’apprendimento della spiritualità delle epoche successive, fino al presente, che doveva essere il tema d’ogni momento, studiato attraverso la viva partecipazione critica ai problemi salienti, che tutti impegnavano. Estremamente critica era a proposito dell’insegnamento di una generica educazione fisica, che avrebbe voluto, sull’esempio di altri modelli scolastici (p. es. quello statunitense), sostituito dalla pratica di uno sport (il padre, ancora studente, era stato un buon giocatore di rugby, la madre una brava giocatrice di pallacanestro e lei stessa era stata validamente impegnata nella pratica dell’atletica leggera). Si notava nel pensiero di Miryam Benvenuto l’indubbia influenza dell’insigne filosofo Prof. Vincenzo de Ruvo, il luminre barese in quegli anni assiduo frequentatore della casa paterna. Ultimati gli studi universitari, essa volle dedicarsipertanto all’insegnamento e divenne ben presto, servatis servandis e non in virtù di leggine populiste, ‘ordinaria’ di Matematica e Fisica nello stesso Ginnasio-Liceo del quale era stata alunna e poi, dopo molti anni, nel Liceo Scientifico Statale ‘Alessandro Volta’, sempre nella sua città natale. Nel frattempo, dopo alcuni anni di fidanzamento con un brillante Ufficiale dell’Arma Aeronautica, suo coetaneo e compagno di Liceo, il Cap. Giovanni d’Alonzo, contrasse con questi matrimonio, il 27 giugno 1981. La loro vita coniugale, sempre concorde e serena, fu felicissima e foriera di provvidi eventi. Nel mentre il marito scalava rapidamente tutti i gradi della carriera militare fino a quello, prima d’essere collocato in congedo, di Colonnello, Miryam proseguiva, con sempre maggiore impegno, nei suoi studi e nell’adempimento di quello che preferiva chiamare servizio scolastico. L’eccellenza dei suoi studi, attestata dai numerosi suoi scritti, editi dalle maggioricase specialistiche, e l’accuratezza delle sue ricerche in tema di didattica della matematica e delle discipline scientifiche le consentirono di divenire collaboratrice assidua della G.B. Paravia & C. s.p.a., del Gruppo Editoriale Edmond Scuola, dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, della M a t h e s i s e della Università Commerciale Libera ‘Luigi Bocconi’ di Milano. Viva presenza ebbe nella vita culturale foggiana, con i colleghi e amici Gian Piero Bernard, Antonella, Ferdinando e Luisa Cavaliere, Leopoldo e Marisa Marangelli, Carolina Mimmo, Katia Ricci, Anna Tappi e non pochi altri, anzi sempre più numerosi, che sarebbe davvero troppo lungo elencare. Ne danno testimonianza le riviste Epsilon, Iter – Scuola Cultura Società, Protagonisti – Mathesis e R e s e il giornale Quotidiano di Foggia. Gli studi e l’impegno scolastico non le impedirono di compiere frequenti viaggi: Austria, Cecoslovacchia, Bulgaria, Daminarca, Francia, Germania,Grecia, Olanda, Portogallo, Romania, Spagna e Ungheria , in Europa, Cina, Giodania, Israele, Palestina e Turchia, in Asia, e Capo Verde, Egitto, Kenya, Marocco, Namibia e Sud-Africa, in Africa, furono le sue mete. Fu ripetutamente in Jugoslavia, ospite degli zii materni, l’ex-diplomatico Dr. Vaso Radmilovic’, montenegrino, e il serbo Dott. Borivoje Damnjanovic’, Segretario Generale della Savezna Komisija za Nuklearnu Energiju di Belgrado. Superato il concorso per l’ammissione all’insegnamento nelle scuole italiane all’estero, fu destinata dal nostro Ministero degli Affari Esteri, sempre quale docente di Matematica e Fisica, dapprima alla Italian School di Addis Abeba (Etiopia), ove ricoprì per un quinquennio l’incarico di Vice-Preside, poi quale esaminatrice al Liceo ‘Cristoforo Colombo’ di Buenos Aires (Argentina) e infine alle surriferite scuole bilingui di Korça (Albania). In quest’ultimo servizio le fu dall’Ufficio Scolastico dell’Ambasciata d’Italia aTirana commesso l’invarico di coordinatrice dei docenti di nazionalità italiana e dei loro corrispondenti albanesi. Sia in Etiopia che in Albania collaborò attivamente con le nostre Ambasciate, dando ripetute prove di alto spirito di italianità e, nel contempo, di sincero affetto per le Nazioni ospitanti. Prodigatasi con successo alla diffusione della cultura italiana in entrambi i Paesi, acquistò presto fama e stima in quegli ambienti intellettuali e non le mancò il rispetto e l’affetto dei colleghi italiani e stranieri e dei suoi allievi. In Albania fu promotrice delle solenni cerimonie per la celebrazione delle ricorrenze del 150° anniversario dell’Unità d’Italia (1861) e del centenario dell’indipendenza albanese (1912). Organizzò mostre, tenne lezioni, conferenze e dibattiti e ripetutamente illustrò il contributo decisivo delle comunità albanesi d’Italia al verificarsi di quei due eventi. Si prodigò anzi nel far conoscere agli Albanesi della madre-patria gli Albanesid’Italia, la loro lingua, la loro letteratura, le loro tradizioni, i loro usi e costumi, la loro civiltà, e progettò il gemellaggio di Korça con le comunità daune di Casalvecchio di Puglia e Chieuti. A Korça, post mortem, alla presenza delle maggiori autorità , le è stata, il 24 maggio 2012, dedicata con solenne e nel contempo mesta cerimonia un’aula dell’Istituto ‘Fajk Konica’ in segno di perpetua riconoscenza. A Foggia è stata tra i fondatori della locale sezione della Mathesis e del Museo Interattivo delle Scienze, nonché fondatrice e prima presidente della locale sezione dell’A.N.D.O.S., ente di ricerca sanitaria e di assistenza alle donne operate per cancro al seno, male di cui lei stessa aveva, sin dalla dimora in Etiopia, sofferto. Affezionatissima alla sua città natale e addolorata per la crisi che la attanagliava, negli ultimi giorni della sua vita aveva redatto un programma per la sua riscossa, di cui è stato dato, purtroppo postumo, ampia diffusione daimass media non solo locali. Sarà così ricordata, ‘f o g g i a n a’, sino agli ultimi istanti della sua laboriosa vita. Era rimasta profondamente colpita e afflitta dalla improvvisa morte della madre, il 22 luglio 1997. Così infatti ne aveva, lo stesso giorno, scritto:
Vivrai sempre, nel mio cuore e nei miei pensieri.
A te, come ho sempre fatto, mi rivolgerò, quando avrò bisogno di aiuto.
A te, quando dovrò condividere qualche gioia.
E’ un amore troppo grande quello che ci ha unite.
Non può morire così Nello spazio di una notte . . . Le stesse parole rivolgono oggi a lei, dolenti, il padre e il marito, alle cui preci si accompagnano germani, parenti e affini, amici ed estimatori.
* * *
B I B L I O G R A F I A
• Miryam BENVENUTO, Perturbazioni singolari, Bari, Università degli Studi, 1976. • Miryam BENVENUTO & Katia RICCI, Matematica e arte: quale rapporto tra Masaccio e la piramide?: in Epsilon, 11, III.1992, pp. 29 ss. • Miryam BENVENUTO, Assiomi e fantasia: in Epsilon, 13, II.1993, pp. 42 ss. • Miryam BENVENUTO, Un laborioso grafico: in Epsilon, 14, IV.1993, pag. 56. • Miryam BENVENUTO, Le sei facce del dado, in Epsilon, 15, X.1993, pp. 53 ss. • Miryam BENVENUTO, Libri – La rivoluzione non euclidea di Trudeau – Letture matematiche: in Protagonisti – Mathesis, 12.II.1994, pag. 60. • Miryam BENVENUTO, R i v i s t e: in Protagonisti – Mathesis, 26.II.1994, pag. 59. • Miryam BENVENUTO, Informazioni bibliografiche: in Protagonisti – Mathesis, 5.III.1994, pag. 59; 26.III.1994, pag. 67; 2.IV.1994, pag. 67. • Miryam BENVENUTO, GianPiero BERNARD & Leopoldo MARANGELLI, Percorsi della mente: un mondo di idee, Foggia, Museo Civico, IV.1944. • Miryam BENVENUTO, Vecchie e nuove storie: in Epsilon, 17.V.1994, pp. 47 ss. • Miryam BENVENUTO, Gian Piero BERNARD & Leopoldo MARANGELLI, Il linguaggio scientifico – Il testo scritto, Foggia, Mathesis, s.d. (ma 1955). • Miryam BENVENUTO & Carolina MIMMO, Alla maniera di Perec: in R e s, 12.X. 1996, pp. 56 s. • Miryam BENVENUTO, Il gioco della matematica: in Iter – Scuola Cultura Società, a. 1°, n° 2, V-VIII.1998, pag. 129. • Miryam BENVENUTO & Gian Piero BERNARD, Testi di divulgazione scientifica – Sec. XVI-XVII-XVIII, Foggia. Museo Interattivo delle Scienze, 17.XI-20.XII.1998. • Ferdinando CAVALIERE, Percorsi matematici [ a cura di Miryam BENVENUTO, Gian Piero BERNARD, Antonella & Luisa CAVALIERE & Leopoldo MARANGELLI ], Foggia, Mathesis, s.d. (ma 1999). • Miryam BENVENUTO & GianPiero BERNARD, Confini disciplinari: in Iter – Scuola Cultura Società, a, 3°, n° 9, IX-XII.2000, pp, 87 s. • Mauro Palma, Il problema dei fondamenti della matematica [ revisione e rielaborazione di Miryam BENVENUTO ]: in Donatella ALDILA & Luigi PAGLIA, Novecento – Itinerari scientifici, artistici e letterari del XX secolo, Foggia, Soc. Dante Alighieri, 2003, pp. 111 ss. & 167. • Walter MARASCHINI, Mauro PALMA, Maria Paola LA ROSA & Miryam BENVENUTO, ForMat – la formazione matematica per il biennio, vv. 6, Torino, Paravia, 1998. • Walter MARASCHINI, Mauro PALMA, Maria Paola LA ROSA, Miryam BENVENUTO & Valeria CAPPA, Il nuovo ForMat – la formazione matematica per il biennio, vv. 4, Torino, Paravia, 2001. • Luciano VENTURA, La Professoressa Miryam non è più tra noi: in Quotidiano di Foggia, 19.IV. 2012. • Miryam BENVENUTO, Appunti per un progetto per la rinascita di Foggia, Napoli, Zapping, 8.V.2012 [ postumo].
|