G.JACOB, ALIAS “CITIZEN CANNES”.
 







di Antonio NAPOLITANO




Gilles Jacob è dal 1980 presidente del Festival di Cannes e, all’inizio di questo 2010, ha pubblicato i suoi ricordi sotto il titolo di "La vie passera comme un rêve" che, in italiano, è stato tradotto (o tradito?) con "Cinema è sogno" (Gremese ed.).
Nella premessa, Jacob confessa di ritenere che la sua vita biologica e cinematografica coincidano dato che da sempre ha amato le immagini che passano sul grande schermo.
Così, da quando è stato chiamato a dirigere il Festival, ha accettato volontieri il nomignolo di "Citizen Cannes", allusivo -tra l’altro- del suo adorato Welles.
Svariati sono gli aneddoti che racconta con stile semplice e scorrevole.. Nè i fatti accadutigli sono tutti positivi, dato che da piccolo ebreo è stato salvato da una confraternita cattolica che lo nascose a lungo ai nazisti.
Divenuto critico cinematografico ha lavorato per diversi giornali e riviste, "L’express, ad esempio,dal quale-rammenta-fu dimissionato per l’uso eccessivo del pronome "io". Un tic che sembra gli sia rimasto ma che qui non inficia il racconto per sua natura autobiografica.
Ed è evidente che a Cannes è lui al centro di ogni riunione ufficiale e cerimonia mondana.
Così, sono decine e decine gli attori, i registi, gli sceneggiatori che può citare per nome come conoscenze personali, da Roberto (Rossellini) a François (Truffaut) e da Sofia (Loren) a Jane (Fonda).
Gli stessi viaggi all’estero da lui descritti sono in funzione del Festival e in molti di quei luoghi trova una cordiale ospitalità e cento cose da notare.
Su Hollywood, però, non reprime giudizi trancianti, dato che vi scorge, infatti, "sorrisi da cobra, sguardi omicidi e tanta coca a portata di naso!"
Sono divertenti, invece, certe connotazioni di "conversazioni mute" con autori (come Kieslowsky) dall’idioma da lui ignorato.
Nel complesso, il tatto del PR prevale sul distacco del critico e, di fatto,Cannes si viene espandendo anch’essa fino a comprendere pellicole che un tempo sarebbero state scartate.
Comunque Jacob non sempre cela le sue preferenze ed è da menzionare il fatto che gli si deve attribuire il merito del "Premio Rossellini" assegnato, a Zavattini, Kusturica, Kiarostami, e altri validi autori.
Ugualmente profondo è il suo commosso "amarcord" per alcuni grandi scomparsi, da Welles a Mastroianni e da Huston alla Bergman.
Negli ultimi anni è stato tentato anche lui dal "nuovismo", la tendenza a seguire la massa più che a educarla, accettando di portare avanti, ad es. certe discutibili pellicole thriller.
Del resto, vengono immessi nella giuria attori, pubblicisti, registi e stilisti cancellando la presenza di ben più competenti critici e storici della Settima Arte, com’era nella seria tradizione delle mostre.
Così è venuto assumendo crescente rilievo il "tappeto rosso" su cui far sfilare star e starlets, e perfino politici e sportivi che poco o nullahanno da fare con lo schermo.
Ad ogni modo, le quasi 400 pagine del testo sono un "certain regard" su almeno trent’anni di uno spettacolo, che da oltre un secolo, appassiona gran parte della popolazione del pianeta.
Operando, perciò, la migliore smentita alle previsioni pessimistiche dei fratelli Lumière.






2010-09-12


   
 



 
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