Giffoni Film Festival
Uno tsunami di bambini
 






Giffoni Valle Piana - Sa-
Dal 18-07 al 31-07-2010
Boris Sollazzo




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Uno tsunami di bambini, perché Giffoni è vietato ai maggiorenni. O meglio, dovrebbe esserlo. Si vede subito che giornalisti e genitori, in alcuni casi anche gli attori- che però tra gli adulti, va detto, sembrano quelli più a loro agio nell’impatto con quest’onda inarrestabile (rappresentata anche architettonicamente nella "città del cinema" giffoniana) - si sentono a disagio. Nella sala il cinema è vissuto, spesso con sottotitoli audio per i più piccoli, con una spontaneità e una partecipazione che i critici più compassati ormai hanno perso e le interviste, apparentemente naif, nascondono domande più intelligenti e coraggiose delle "solite" conferenze stampa. E soprattutto Giffoni, grazie all’inossidabile entusiasmo del padre patron Claudio Gubitosi, del suo vicedirettore giovane ed efficiente Manlio Castagna e del loro instancabile team di lavoro, sembra assolvere al compito principale di un festival periferico(solo geograficamente: "Variety" lo segnala terzo in Italia per penetrazione nel pubblico e negli sponsor): coinvolgere, umanamente ed economicamente, il territorio e i suoi abitanti, che ospitano molti dei 3000 piccoli giurati nelle loro case, e avere un’impostazione coerente improntata a un’idea "forte".
Qui la centralità del bambino o, al massimo, dell’adolescente, è fortissima, viene prima di tutto. Lo si vede anche nella selezione delle opere del festival, che per linguaggio e tematica vogliono far breccia nei cuori dei più piccoli, si interessano di spiegare loro il mondo, o meglio ancora tentano di guardarlo dalla loro altezza. Spesso l’unica visione che permette di capire tutto e tutti, si pensi solo all’Olocausto raccontato ne Il bambino col pigiama a righe.
Il grande evento di questi primi giorni - la rassegna è cominciata a Giffoni Valle Piana il 18 luglio e si concluderà il 31 - è stata l’anteprima europea di Cattivissimo me. Un gioiello assoluto, che la Universaldistribuirà in Italia il 15 ottobre e che probabilmente farà andare di traverso la stagione a Dreamworks, che dopo le batoste prese negli anni dalla Pixar e i più recenti successi di Fox e Sony, ora scopre che anche la Universal al primo colpo fa meglio dei ragazzi di Katzenberg.
La struttura del film di Pierre Coffin e Chris Renaud - il primo ha studiato cinema alla Sorbona, il secondo è "fumettaro" e story artist di livello - è semplice ed efficacissima. Pochi personaggi, una trama che si risolve nelle disavventure del ladro più bizzarro del pianeta e nelle gag esilaranti dei suoi piccoli aiutanti (i Minions, i nostri figli e nipoti impazziranno per loro), alle prese con due imprese titaniche: l’adozione di tre piccole orfanelle e rubare la luna. Inutile dirvi che sarà molto più difficile la prima, nata nell’elaborazione di un piano criminoso e poi divenuta il centro della vita della magione di Gru (il "Cattivissimo me", appunto), sorta di Pinguino di Batman troppo dolce peressere (così) nero e cupo. E infatti il nostro eroe, doppiato da uno Steve Carell in gran forma (ma in sala noi avremo Max Giusti, speriamo bene), non vuole mica la luna, al massimo smettere di guardare il mondo da un oblò. Uscire dalla sua casa scura e sinistra, che nasconde un buffo arredamento e un sotterraneo mandato avanti da un anziano scienziato di 150 anni, alla Sellers, e dai divertentissimi nanetti gialli.
Ma Cattivissimo me è molto più di un geniale e rutilante racconto di redenzione. Gioca con le citazioni, in maniera sfacciata, passando da Tim Burton, con la mamma di Gru, fino a Biancaneve e i sette nani, nella scena dei baci finali. Si prende gioco con autoironia degli schemi del genere piazzando in colonna sonora Sweet Home Alabama, Copacabana, Garota de Ipanema e Should be dancing, con tanto di coreografia in cui orfanelle, Minions e lo sproporzionato Gru ci offrono un balletto da urlo.
Ma c’è un altro registro, quello politico. Tutto merito della Bank of Evil,ex Lehmann Brothers. E lì dove è arrivato solo Oliver Stone in Wall Street 2, si azzarda un film d’animazione, dando un nome preciso e un ruolo a chi ha messo in ginocchio il mondo moderno. Il vero cattivissimo del film è Perkins, direttore di banca, non lo è il nerd Vector né tantomeno Gru, che si è solo designato così. E’ una banca, schiava del profitto, l’unica vera rappresentante del Male. Coffin e Renaud non si nascondono, non vanno giù di metafora, con pochi secondi di inquadratura scherniscono il simbolo di un capitalismo cinico e baro, facendo i nomi, anzi il nome.
Una visione che non è molto lontana da un altro lungometraggio visto qui a Giffoni, The crocodile strike back, che ci racconta un momento di crisi e precarietà in una fabbrica tedesca. Con tanto di risvolto fantasy e di bambini che scoprono l’arcano che costringe i genitori alla disoccupazione e che salverà la loro divertente gang dallo scioglimento. Film tenero e semplice, ma profondo, come Garuda in my heart,la storia di un dodicenne di Giakarta che vuole portare la sua Indonesia nell’olimpo del pallone. Difficile non amare il nonno che lo ostacola, volendo un’istruzione e non la distruzione che porta un mondo spietato come quello del calcio, per poi scoprire come lo sport nobiliti la formazione del suo nipotino. E adorabile è anche l’amico paraplegico del protagonista e l’idea del cimitero come campo d’allenamento. Tanti piccoli grandi caratteristi per una favola moderna.
Descrizione che potrebbe calzare a pennello anche per il Giffoni Experience, festival "vietato" ai maggiori di anni 18. Per fortuna.






2010-07-23


   
 



 
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