La 54. edizione della Biennale di Venezia fa scalpore prima ancora di aprire i suoi battenti, cosa che avverrà per il pubblico a partire dal 4 giugno. Due sono gli accadimenti principali. Il primo è la "regolamentare" mostra, curata da Bice Curiger e allestita negli spazi dei Giardini e dell’Arsenale, dal titolo "ILLUMINazioni". La curatrice in questione ha lavorato con mesi di anticipo per una esposizione, diciamo così, classica, nella tradizione della Biennale, selezionando un numero contenuto di artisti (83) dei quali solo 10 italiani. Sobrietà, programmazione e speriamo qualità quindi. L’immarcescibile Vittorio Sgarbi, distratto dalla sue innumerevoli occupazioni, non ultima il recente flop televisivo, passerà alla storia per aver combinato il più gran casino nella storia della Biennale di Venezia. Nominato dall’ineffabile ex ministro Bondi, curatore del Padiglione Italia allestito presso le Tese delleVergini, all’Arsenale, il biondo, capelluto dandy dell’arte italiana (soprattutto dell’arte televisiva dell’apparire) ha pensato di delegare un numero cospicuo di intellettuali, della più diversa estrazione, per la selezione degli artisti da convocare a Venezia. Ci ha colpito leggere il nome di Vladimir Luxuria fra di essi. Non sapevamo che si occupasse d’arte anche lei. Tant’è, gli artisti selezionati da questo folto drappello di sociologi, scrittori, attori, e chi più ne ha più ne metta sono oltre 200 per Venezia. E un altro migliaio sono previsti nelle succursali allestite fra mille problemi in ogni regione italiana. Noi pensiamo che questa soluzione, più che a ragioni di democrazia culturale, risponda all’esigenza di Vittorio Sgarbi di risparmiare tempo e di non prendersi responsabilità. Quanto questa scelta gioverà all’arte non lo sappiamo; crediamo molto poco perché ciò che subentrerà a questa Biennale così incasinata, pletorica e inflazionata finirà nel prossimo futuro perlegittimare le modalità di comportamento e di selezione dei soliti noti (lobbisti) dell’arte contemporanea. Gente che si occupa molto più di affari che di arte, molto più di potere che di cultura. Sta di fatto che numerosissime sono state le defezioni, nonostante l’indubbia capacità attrattiva della storica manifestazione veneziana. Ontani, Toccafondo, Botta e Vitone hanno detto no a Venezia e Nunzio, Tirelli, Gallo Canevari e Levini, insieme a tantissimi altri, hanno detto no a Roma che dovrebbe, a Palazzo Venezia, ospitare la sezione regionale del Lazio. Insomma, una gran caciara da basso impero. Speriamo nella confusione di trovare qualche perla, sporadica perla. Vi terremo informati. |