|
Artisti
> Corrado
Cagli > Biografia
> Opere
> Critiche
> Mostre
>
Il teatro
Bacco e Arianna, Cagli e il teatro
in musica - Pietro Argento
"Il Misantropo" di Menandro - Benedetto
Marzullo
Le miniere di zolfo - Gino Tani
Agnese - Riccardo Muti
"Il
Misantropo" di Menandro
a
cura di Benedetto
Marzullo
Misantropo
di Menadro
costume per Simiche
Teatro Olimpico Vicenza
Pastello ceroso a olio su carta,
Collezione privata, Roma
|
Sorpresa,
eccitazione, impazienza suscitò (dopo oltre venti secoli
di letargo) il recupero improvviso del "Misantropo"
di Menandro (1959). Ma anche un concitato fervore di iniziative,
da parte di filologi, teatranti, istituzioni culturali, sospitatori
dei "classici". La rozza (e tarda) trascrizione di
questa commedia poneva interrogativi di vado genere, a grecisti
e registi, soltanto una edizione allo stesso tempo del testo
e dello spettacolo poteva garantire risposte e ricostruzioni
adeguate, una soddisfatta fruizione. Di valutare però
la consistenza dell'opera, individuarne il significato, all'apparenza
fragile, se non ambiguo.
Squarzina scorse un mio primo abbozzo di traduzione, decise
per una immediata messinscena, puntò sul Teatro Olimpico
di Vicenza, ottenne la sollecita collaborazione di Corrado Cagli,
il più esperto ed attrezzato per una scenografia, in
cui si prospettavano moltiplicati, ed anzi ingigantiti, i problemi
di struttura e di comunicazione, che non sempre chiaramente
ci eravamo posti. La scelta dell'Olimpico era tanto ambiziosa
quanto improbabile. L'austero monumento costituiva una sontuosa
diffida (monimentum!), per chi si accingesse ad una performance,
lontana da rettorica e da classicistiche devozioni. Ci proponevamo
una esecuzione per così dire di grado zero, spoglia di
tendenziosità, intesa ad enucleare (e privilegiare) gli
intrinseci automatismi del clock-work, di cui avvertivamo la
forte carica provocatoria.
L'Olimpico è concepito come teatro "tragico"
per eccellenza, dal suo battesimo (1585) non ha ospitato che
sequele di "Edipo Re", paludate, più spesso
museali. Il "Misantropo" era opera istitutivamente
"comica", il suo primo titolo (Dyskolos), che solo
i goldoniani "Rusteghi" riescono a tradurre, obbligava
primariamente ad aprichi luoghi, imponeva una vicenda dichiaratamente
campestre, anche se fortunatamente indenne da bucolici vagheggiamenti,
immune da agresti svenevolezze.
Cagli, più di ogni altro, non si scompose. Ignorò,
in sostanza, il fastoso (nefasto!) monumento, i nostri tormenti
esegetici, non sempre spiccioli. Procedette spedito, lineare
secondo sovrana intuizione. Talento, cultura (smisurata, né
solo tecnica), immaginazione, puntarono all'essenziale, lo difesero,
con un processo non solo formalmente "astratto", dalle
strutture arrogantemente "auliche", dalle stesse prospettive
"moderne" da noi vagheggiate, nel tradurre, nell'inscenare.
Gli suggerirono una cifra pudicamente aggressiva (a lui congeniale),
rispettosa delle potenzialità della commedia, e non meno
delle disponibilità esecutive (un magnifico cast di giovanissimi
attori, per qualcuno "immaturi", non disponendo che
del nome di Buazzelli, Pagni, Loiodice, Moschin, Scaccia, Parenti,
Dandolo, infine Ronconi).
Cagli era limpidamente consapevole del significato "profondo"
della operazione. Intese, che sul piano delle forme la comicità
menandrea appariva meticolosa se non convenzionale, cedeva infine
al farsesco. Ne riprodusse gli esili, petulanti meccanismi,
con moduli sornioni, ironici, sogghignanti: usava, giusto come
Menandro, stilemi "minimali", pungenti, sommessamente
impietosi. Ricorse a sprezzature di linee e di colori, innescò
vividi scontai tra spigolose macchie cromatiche, sfruttò
l'ammiccare sorridente (ma anche irridente) del patchwork. Funzionalizzò,
con apparente candore, asimmetrie formali, contrapposizioni
tonali, sapientemente suggerite. Non gli sfuggiva, tuttavia,
l'intento senza dubbio metafisico, che il titolo secondario
della commedia ("il Misantropo") sottolineava. Il
tipo generico dell'"intrattabile" (ma ogni vecchio
esibisce variopinte forme di "esistenza mancata",
di sfasature comportamentali) nascondeva, in realtà,
un personaggio acerbamente tragico, nel pessimismo integrale,
nella dolorante esperienza del male e della malvagità,
nella solitudine immedicabile. La sua intransigenza ha "calvinistica"
dimensione, a lui va l'interesse trepido del Poeta, di noi destinatari.
I bozzetti di Cagli (il suo fulmineo concepire) ricorrono a
moduli riservati, sofferenti, sotto la specie ilare, vivida,
perfino sgargiante: ripropongono, con impercettibile fremito,
quel brioso, terso ritmo, di cui si sostanze il tenero comporre
di Menandro, nella rinascimentale, raffinata eleganza fanno
da (burlesco?) contrappunto alla mole dell'Olimpico. Ma oltre
alla evidente, sebbene introversa compunzione, i loro volti,
i loro sguardi, il portamento soprattutto, risultano cupamente
assorti, esprimono la identica angoscia , che nell'intimo macera
il Misantropo, ciascuno di noi. Forse lo stesso Cagli , che
ricordo sempre e lucidamente perplesso, curioso degli angosciati
meccanismi del vivere, non meno della surrogante facoltà
di fantasticare, mitizzare. Verosimilmente rassenerato dalle
caleidoscopiche (ormai classiche) risposte , cui attingeva la
sua strenua, avventurosa intelligenza operativa. |
Bacco e Arianna, Cagli e il teatro
in musica - Pietro Argento
"Il Misantropo" di Menandro - Benedetto
Marzullo
Le miniere di zolfo - Gino Tani
Agnese - Riccardo Muti
Artisti
> Corrado
Cagli > Biografia
> Opere
> Critiche
>
Mostre >
Il teatro
|
|