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“Beato quel paese che non ha bisogno d’eroi”: è la famosa affermazione di Bertolt Brecht rintracciabile nell’opera “Vita di Galileo”. Il che vuol dire semplicemente che per vivere in maniera degna e civile basta (basterebbe) una vita normale. Ora è proprio la ricerca della normalità che sembra sfuggire sempre di più ad intere popolazioni costrette a fare i conti in questo momento con i danni ed i guasti della pandemia da covid19. E l’ansia universale è allora quella di ritornare alla vita normale “di prima”. Com’è arcinoto e come ci viene ripetuto più volte da mattina a sera, stiamo attraversando un periodo del tutto anormale il che impone la necessità di ricorrere a misure straordinarie, al difuori, appunto, della norma. A tale proposito è in atto un acceso dibattito tra chi si oppone al ricorso a misure eccezionali, richiamandosialla priorità insopprimibile del principio della libertà individuale, e chi viceversa sostiene la necessità di ricorrere ad imposizioni dure ma inevitabili in quanto dettate da una condizione emergenziale senza precedenti. Al di là delle dissertazioni giuridiche o filosofiche, la riflessione spazia ora in un contesto diremmo proprio più “normale” e riguarda l’atteggiamento umano e civile di tutti i giorni, al di là o al difuori dell’evento straordinario che stiamo vivendo. Il dato puro e semplice riguarda proprio il concetto di normalità e il modo in cui viene assunto e vissuto a livello per così dire popolare. Possiamo dire in altri termini che stiamo vivendo o che abbiamo finora vissuto in una condizione di normalità? La vita di un comune cittadino procede e si sviluppa cioè in condizioni che si possono definire normali se ad esempio la scuola non funziona, le strade o i ponti quanto non crollandosono invasi da rifiuti atavici, se i trasporti marciano a momenti alternati (ora sì ora no) o se tutto è in balìa di disposizioni occasionali se non arbitrarie che vanno e vengono ignorando bellamente coerenza e dignità ? E qui l’elenco dei guasti potrebbe naturalmente continuare se si pensa solo che in condizioni sempre normali occorre attendere anche dodici mesi per una mammografia o addirittura dieci anni per una sentenza. Torna allora prepotentemente attuale e vera l’affermazione brechtiana e la conclusione è amara nel senso che siamo costretti ad ammettere che non viviamo in un paese “beato” perché abbiamo bisogno appunto di eroi, anche per far funzionare le cose più elementari. La conferma avviene anche dall’osservazione di alcune situazioni particolari. Siamo stati invitati per così dire da tutti i mezzi di comunicazione a prendere atto e ad elogiare lacorrettezza del nostro Presidente della Repubblica che ha atteso pazientemente il suo turno per la vaccinazione. Siamo rimasti addirittura sorpresi e questo perché siamo abituati a convivere con la società dei furbetti (furbastri) che ne fanno sempre una più del diavolo e magari sono anche presi a modello di vita. E allora sorge a questo punto legittimamente anche un dubbio: come mai nella nomenclatura spesso fantasiosa con cui vengono etichettati ministeri ed assessorati vari manca sempre una dicitura (e un incarico) fondamentale, quello della normalità? Antonio Filippetti |
2021-03-31
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