articolo 2505

 

 
 
Santi, poeti, navigatori e pure allocconi
 











Secondo una ben nota credenza popolare il nostro è il paese dei santi, dei poeti e dei navigatori. In realtà l’espressione, diventata poi d’uso comune per caratterizzare il costume nazionale, la si deve, a quanto pare,  ad un discorso di Benito Mussolini del 1935. A ben intendere si potrebbe anche dire che si tratta di una considerazione banale, cioè scontata se si pensa a quanti sono i santi venerati in Italia, o qual è la “formazione” dei poeti di casa nostra, da Dante a Leopardi o ancora se si considera che è italiano lo scopritore del nuovo mondo.
In tempi recenti c’è tuttavia una nuova definizione che potremmo usare per caratterizzare una spiccata peculiarità dei nostri concittadini. Il termine che viene  in mente è quello di alloccone,  cioè di chi  istupidisce facilmente ed è disposto a credere  a tutto ovvero al tutto del momento.
C’è chi sostiene che si tratta di una declinazione del cosiddetto spirito di gregge  (“more
pecorum”) relativo a chi senza farsi troppe domande segue il “verbo” del momento, non importa se attiene alla politica, al costume, alla popolarità (anche se fasulla) dello  sport, della pubblicità,  dello spettacolo e così via. Gli esempi del resto sono numerosissimi. Il repertorio è assai vasto ed è storia di tutti i giorni: una cosiddetta influencer, ad esempio, si arricchisce vendendo e/o sponsorizzando di tutto e di più, facendo credere di realizzare una missione umanitaria e caritatevole, e in tanti abboccano; un politico  giura che mai prenderà  una determinata decisione e immediatamente  viene creduto e  persino osannato, salvo poi fare di lì a poco esattamente il contrario.  Nel nostro (s)fortunato paese  questa voglia di credenza popolare si perpetua da oltre trent’anni, salvo poi ricredersi in attesa di altre promesse e altri miracoli. Perché è prassi che l’enfasi per così dire encomiastica abbia anche una versione all’incontrario, quando cioè tutti corrono a  gettare giù il feticcio che poco prima avevano esaltato e magnificato in barba a qualsiasi rigurgito di elementare  coerenza. Il punto è proprio questo, l’assoluta mancanza di controllo critico, di riflessione razionale per cui ci si adegua a seconda di  come gira il vento, senza nemmeno uno straccio di   elementare verifica valutativa. C’è anche l’innamoramento facile per un attore, un cantante,  uno sportivo (un calciatore, un tennista, ecc.) innalzato al settimo cielo e  assunto come  specchio di un orgoglio che coinvolge universalmente.  Salvo poi, anche in questi casi, dileggiare l’eroe  di turno al primo flop. Viene ovviamente da domandarsi:  come può un paese  emanciparsi  in un contesto di questo genere?  Ma  è storia antica, ed anche  drammaticamente trascurata. Basterebbe magari  andarsi a rileggere il leopardiano  “Discorso sullo stato  presente  dei costumi degl’italiani”  che  certamente non a caso rimase inedito per quasi un secolo ma che rappresenta un vademecum altamente istruttivo per  capire le peculiarità comportamentali dei nostri concittadini  e approfondire  le ragioni di  determinati immarcescibili  atteggiamenti. E parafrasando poi una famosa battura del grande Totò si potrebbe concludere che in fondo i fessi sono la stragrande maggioranza della popolazione.
Antonio Filippetti



2024-04-20