articolo 2491

 

 
 
La comunicazione dello spettacolo (e lo spettacolo della comunicazione)
 











E’ chiaro ormai a tutti che  viviamo nella società dello spettacolo laddove tutto si trasforma in evento mediatico  in un continuum infinito, senza un attimo di sosta. L’argomento venne  anticipato e analizzato da Guy Debord in un famoso saggio che apparve la prima volta in Francia già  negli anni sessanta del secolo scorso.
Vicende personali o faccende  d’interesse  universale vengono ugualmente  sfornate (e triturate)  dai mezzi di informazione  e pur  senza richiamare  ora  il grande fratello di  George Orwell (di  Orwell beninteso, non di Canale 5) o l’arcinoto Truman Show, è  innegabile che un occhio luciferino ci osserva vivere traendo  o meglio suggerendo ,a seconda dei  casi, le  più disparate conclusioni.
Una peculiarità aggiuntiva del nostro tempo, o forse per meglio dire una evoluzione verificatasi nel corso degli anni  è che, a
differenza degli esempi citati,  al giorno d’oggi l’osservato  gode di tale situazione, ritenendola spesso un grande privilegio in grado di assicurare  popolarità e quattrini. Il teatro di  queste particolari esibizioni è rappresentato naturalmente dalla televisione e dagli altri mezzi di comunicazione social.
Segnalo in proposito una particolare coincidenza che mi è capitata di osservare recentemente. Proprio mentre andava in onda su una rete nazionale  il talk di Nunzia  De Girolamo, “Avanti popolo” , tra l’altro preannunciato con grande enfasi pubblicitaria per la presenza di Fabrizio Corona che avrebbe dovuto fare i nomi di  alcuni calciatori  coinvolti nell’affare delle scommesse, su un’altra rete (Canale 34) pressoché in concomitanza d’orario veniva  tramessa  la versione  restaurata de “La dolce Vita”, il capolavoro di Federico Fellini. Ora mentre da un lato si attendevano le parole oracolari di un personaggio
battezzato  universalmente come il “re dei paparazzi”, dall’altra parte scorrevano le immagini diremmo del paparazzo vero, quello inventato dal grande Federico, che inseguiva nella Roma   “viziosa” degli anni cinquanta i  personaggi  famosi dello star system. E mentre  da un lato andava in onda una comparsata  affossata anche dall’audience  probabilmente perché ritenuta, a ragione, inutile e stucchevole, dall’altro   era possibile riflettere sull’origine   di una condizione di malcostume che ha segnato il tempo a venire. Solo che alle parole   insignificanti del primo caso  corrispondeva  il rigore amaro e sofferto  di un affresco senza tempo e per ciò stesso sempre vivo ed attuale. E faceva davvero tristezza dover constatare come una larga fetta della  “società civile” si sia tragicamente  “consegnata” ad una simile   spazzatura comunicativa.
Antonio Filippetti



2023-12-01