articolo 2484

 

 
 
Lo Spazio Totale di Mario Nigro e la polisemia nell’opera d’arte
 







Di Antonio Paladino




Mario Nigro
Dallo Spazio Totale

Le recenti rassegne dedicate a Mario Nigro presso il Palazzo Reale di Milano e il Museo del Novecento sono un’occasione per riflettere sull’opera dell’artista e in particolare sulla serie di lavori più nota, vera icona dell’astrattismo italiano del ‘900.    Mario Nigro in uno scritto del 1954, riferendosi in particolare alle opere dal titolo “Spazio Totale”, commentava così la sua ricerca: “La soppressione del tragico che Mondrian evocava in una concezione ottimistica della vita,  portava la pittura a completarsi e ad esaurirsi nell’architettura.[…] Nella mia espressione tornano dei contenuti tragici, non però in senso espressionistico, cioè in un’esagitazione disperata dei sentimenti, ma come rappresentazione reale di una società ben lontana dalle ottimistiche aspirazioni di Mondrian. […] Il mio non è un mondo di pessimismo, ma è tuttavia una constatazione di lotta”. La struttura dinamica e ricca di contrasti della composizione, che deriva secondo lo stesso Nigro anche dal simultaneismo futurista, sarebbe per l’artista l’espressione moderna di un mondo ancora in perenne squilibrio, di una società da un lato scossa dai tragici eventi e percorsa dalle profonde inquietudini che hanno attraversato la storia del tratto di secolo appena trascorso, dall’altro segnata dai conflitti sociali che caratterizzano le moderne società industriali. In questo senso l’Utopia del Mondrian più rigoroso degli anni Venti e Trenta, espressione positiva di quella aspirazione a un’armonia del mondo che per taluni appariva in quei decenni a portata dell’uomo, negli anni ’50 sembrava invece a Nigro del tutto inattuale, pur condividendone lo spirito e le finalità. Secondo l’accezione che emerge dalle analisi di Nigro dunque lo spazio oggetto della sua ricerca artistica sarebbe elettivamente uno spazio interiore, specchio delle sollecitazioni molteplici e spesso conflittuali di un mondo che ha smarrito le proprie certezze, ma insieme espressione dell’aspirazione a un ordine armonico. Scrive l’artista: ”Gli elementi plastici che si allineano in armonia, aventi ognuno eguali possibilità funzionali nel quadro, sono ancora l’indizio di un’aspirazione in un mondo concorde, i contrasti violenti che originano la struttura compositiva sono il segno di una lotta esistente”.  Tuttavia l’evocazione della totalità dello spazio, in rapporto alla molteplicità dei piani, suggerisce un secondo livello di lettura dell’opera.                    La percezione dello spazio è l’esito del nostro sistema conoscitivo ed è pertanto soggetta ai suoi limiti, è esattamente l’intuizione a priori così profondamente analizzata da Kant nella prima Critica. Nei secoli passati la pittura figurativa ha dato espressione poetica allo spazio nelle sue tre dimensioni, i cui correlati figurativi possono essere indicati come l’Orizzonte, il Cielo e il Suolo. Dal valore simbolico della prospettiva nel Rinascimento italiano, all’idea di sublime
nel ciclo delle stagioni di Bruegel, dall’anelito verso l’infinito negli scenari di Friedrich, all’intuizione della natura negli Impressionisti e poi in Cézanne, la storia dell’arte figurativa ha di continuo sottolineato il ruolo centrale dello spazio tridimensionale, a maggior ragione nella pittura di paesaggio. In tempi più recenti alcuni artisti hanno formalizzato tale visione dello spazio, proiettandola illimitatamente, esprimendo l’intuizione di un infinito propriamente spaziale, ma insieme anche spirituale, dagli “Horizons structurés” di Yvaral, ai giochi illusionistici di Paolo Scirpa.                                                 

Viceversa nello "Spazio Totale” di Nigro le bande reticolari scivolano su diversi piani, scorrono secondo molteplici prospettive, si sovrappongono, si intersecano, si affastellano fino a chiudere lo spazio alla vista. L’occhio, naturalmente portato verso una visione figurativa, dominata cioè dall’orizzonte come sintesi delle tre dimensioni, si imbatte invece qui in uno spazio asfittico e claustrofobico. Ma le immagini dello Spazio Totale di Nigro intendono proprio distogliere lo sguardo dello spettatore dalla visione figurativa e orizzontale dello spazio, e indirizzarlo verso l’intuizione estetica di uno spazio multidimensionale e quindi Incondizionato, che oltrepassa i limiti del nostro sistema conoscitivo. E qui si apre un ulteriore piano di lettura dell’opera di Nigro. L’idea di uno spazio multidimensionale comporta infatti una fondamentale apertura della coscienza verso la categoria del Possibile. Pertanto la concezione di uno spazio esterno a n dimensioni instaura a sua volta un parallelismo con uno spazio interiore aperto alla totalità, alle infinite potenzialità dell’essere, in un processo di mutuo scambio tra mondo interiore e mondo esterno, tra microcosmo e macrocosmo.  Non deve stupire il fatto che l’artista sviluppi prevalentemente nelle sue riflessioni un solo piano di lettura dell’opera. I processi creativi nell’arte sono in gran parte intuitivi e inconsci e solo di riflesso possono essere presenti alla coscienza dell’artista stesso. Nelle sue interviste Francis Bacon, di fronte alle domande sulla interpretazione della sua opera, preferiva il silenzio e ribadiva che, nel parlare della produzione artistica, non è possibile andare oltre un piano puramente descrittivo, che rimane lungo il perimetro dell’opera e ai margini dell’arte, mentre il suo nucleo profondo rimane un mistero. L’opera d’arte inoltre è naturalmente polisemica e quindi polivoca sul piano linguistico: presenta molteplici sistemi di segni che si offrono a letture diverse e che aprono a loro volta la conoscenza verso nuove intuizioni. In questo senso il dinamismo e gli squilibri strutturali della composizione “Spazio Totale” sono sia l’espressione del dramma interiore presente, come l’artista stesso racconta, sia la proiezione e l’apertura verso un futuro possibile. Un futuro che non si prefigura secondo strutture consolidate o direttrici prestabilite, ma che si intuisce aperto alla totalità, intesa come pura virtualità. In questo senso risulta rivelatrice la tendenza dell’artista a ritornare spesso nei suoi rari scritti sul rapporto “tra struttura musicale e costruzione astratta”, poiché la musica è, tra tutti i linguaggi artistici, quello in partenza più libero da vincoli, più prossimo al grado zero del linguaggio. L’artista stesso sottolinea infatti come nello Spazio Totale troveranno posto “problemi di scoperta e di invenzione”.
Antonio Paladino



2023-10-24