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Se il detective è donna
 


Intervista a Francesco Di Domenico Di Fiorella Franchini









Ci risiamo, un altro morto ammazzato, un altro delitto da risolvere. Il corpo di un uomo, ucciso da un colpo di pistola, è stato ritrovato nella parte alta della città. Il cadavere appartiene a un funzionario della Provincia. 
Chi sarà il detective incaricato delle indagini? Quasi, quasi vado in libreria a vedere chi c’è di turno, come consiglia Lucio Rufolo e mi pare una buona idea. Non sarà difficile incontrare tra gli scaffali commissari e pronti a risolvere il caso. Questa volta voglio scegliere l’ispettore di Polizia Marzia D’Aponte.
Ma che ci fa una donna nel mondo maschile del thriller? Interrogo l’autore Francesco Di Domenico:
Perché in Marzia, calibro nove lungo, edito da CentoAutori, hai scelto un punto di vista femminile? E’ solo un espediente letterario?
È un azzardo, un gioco. Credo che sarebbe stato più facile se non vivessi una condizione eterosessuale – dico “credo” ma non ne sono convinto appieno – scavare dentro
l’universo femminile è stata una sfida.
Marzia lavora insieme al suo capo Giovanni Satriani, è intelligente, preparata e sa che la scoperta della scientifica che rivela che la pallottola nel corpo appartiene alla polizia, complicherà le indagini. Un enigma investigativo che rende il suo personaggio ancora più intrigante, antieroina della nostra quotidianità, non più coraggiosa di una persona comune, ma coraggiosa cinque minuti più a lungo, quanto basta per fare la cosa migliore nelle circostanze peggiori, nel lavoro come nella vita.
- Lei, la poliziotta, - confessa Di Domenico- è sensuale anche con una lingerie da massaia, è femminile anche con i mezzi tacchi da poliziotta, riesce a essere sexy come la maggioranza delle donne che si trasformano da ciucci di fatica di giorno a bellezza d’amore di sera, perché il mistero, la cosa più intrigante resta la magia della femminilità, in tutti i generi viventi, dall’elefantessa alla femmina umana.
Quanto la
femminilità di Marzia incide sulla razionalità del suo lavoro di poliziotto?
- È naturale, la maternità. Nessuna donna può eludere il suo senso materno. Le donne prima di tirare il grilletto pensano in millesimi di secondo che stanno sparando a un “figlio” di qualcuno. A un maschio da nutrire. E soprattutto a un essere vivente, la femminilità è raziocinio. Noi uomini siamo superficiali e meno intelligenti.
Un omaggio alla dignità della donna in cui l’elemento psicologico entra a pieno titolo nella trama del romanzo. Le vicende sentimentali di Marzia s’intrecciano con l’impianto poliziesco e con la ricostruzione storica che affronta un’epoca ancora prossima e inquieta, quella delle Brigate Rosse.  Da tutto ciò scaturisce una storia solo apparentemente, per l’autore, senza canovaccio, senza progetto. L’idea è già nella sua ispirazione, in quel titolo scelto anticipatamente:
- Lo guardo come se fossi affacciato a una finestra, il resto viene
da se, ma rimando al ragionamento di sopra: nasce dal vissuto.
I personaggi sono quelli che Di Domenico ha incontrato nella sua vita. Li ha mischiati, impastati con esperienze ed emozioni, quelle di un lettore autodidatta che ha letto di tutto, in modo anarchico, dall’elenco del telefono, come faceva Simenon, ai classici americani e poi Vasco Pratolini, Bufalino, Pontiggia, Calvino e i grandi umoristi, soprattutto americani; quelle di uno scrittore che non s’ispira a nessuno perché viene dalla strada, ex imbianchino e tranviere, ma anche corsivista satirico, umorista, giornalista.
Che caratteristiche hanno, allora, i tuoi personaggi?
- I personaggi sono sempre un atomo della società, hanno le stesse pulsioni, illusioni, o certezze dei personaggi della vita reale, come tra un poliziotto, un elettricista e un tecnico informatico.
È gente comune con una professione non comune: il senso del dovere, che manca molto in quest’ultima
società.
Uno tra tutti la sua città, con radici e tradizioni molto forti, duemila anni di storia e filosofia difficili da ignorare e una realtà tragica. Leggenda e storia, mito e cronaca, i decumani, il sottosuolo, i rioni borghesi, fede e superstizione si mescolano ogni giorno. Passato e presente che s’intrecciano, evolvono continuamente.  La scrittura di Francesco Di Domenico è colloquiale, segue il ritmo dei pensieri, quelli di Marzia, butta il lettore in mezzo alla strada, quasi come in un film in 3D, un coinvolgimento tridimensionale e stereoscopico.
La Napoli che descrivi è quella che vivi tutti i giorni o ci sono molte concessioni letterarie?
-  È la città vera, quella che va oltre la cartolina, la città mediana, quella della piccola borghesia, che non è il popolo lazzaro e neanche quello dei tacchi a spillo e tailleur rosso in via dei Mille. È la città che ho visto attraverso il parabrezza del mio bus per trentacinque anni, mentre lo
guidavo.
Che cosa della napoletanità è sempre presente nelle tue storie?
- Croce diceva che non possiamo “non dirci cristiani”, ed io penso che da Castellammare a Mondragone nessuno possa considerarsi “non napoletano”, la napoletanità è una pelle, è un respiro, spesso, però diventa un alibi fatto di muffe antiche, quello lo rifuggo, i miei napoletani voglio che siano colorati e poetici, che mangino le emozioni a colazione, ma siano svizzeri nel dovere, e questo esiste, non è un caso che il Controllore d’Italia in questo momento sia un napoletano, anzi di più, un giuglianese mio conterraneo figlio della terra dei fuochi e della camorra, come me: Raffaele Cantone, uno svizzero napoletano.
Una città ribollente che ben si adatta a un genere magmatico come Peppino Ortoleva definisce il romanzo poliziesco. Ha origini antichissime, c’è chi lo fa nascere addirittura da Edipo ed è stato capace di trasformarsi da scrittura di genere a letteratura
grazie alla capacità degli autori di impregnarla di realismo e contemporaneità. “Il delitto paga” afferma Corrado Augias, nella vita, poiché la maggior parte dei crimini, non soltanto di sangue ma anche finanziari, rimangono per lo più impuniti, e nella narrativa, considerato il grande successo della letteratura d’investigazione.
Francesco, perché hai scelto il genere giallo?
- Non ho scelto il giallo, volevo raccontare una donna dall’interno, la volevo forte, e un mestiere maschio è quello di poliziotto, quindi mi sono trovato a raccontare una donna che fa un mestiere, e i poliziotti lavorano con i delitti.
Perché secondo te il genere ha tanto successo?
- Ha sempre avuto un grande successo, solo che oggi con il crollo delle barriere tra generi ha assunto una dimensione culturale dignitosa, poi c’è molta spazzatura, tre coltellate e un colpo di pistola non fanno un giallo, spesso fanno un inciucio su
carta.
“Orgoglio giallo: da paraletteratura a grande romanzo” annuncia Giulia Mozzato dalle pagine di WUZ e cita Patricia Highsmith: "Io credo in realtà che la maggior parte dei libri di Dostoevskij, se fossero pubblicati oggi per la prima volta, verrebbero definiti dei gialli. Ma gli si chiederebbe di tagliare, per via dei costi di produzione."
Un buon romanzo giallo ha, in effetti, molti elementi della tragedia classica, mistero, sangue, sesso, intimismo e vita reale, il ripristino dell’ordine violato dal crimine. Di Domenico conosce i meccanismi ma non si sofferma troppo e contamina, unendo thriller, sentimento, e riferimenti documentari con il sottile filo dell’ironia.
Ci sarà un prossimo caso per Marzia o racconterai qualcos’altro?
- Non lo so se sarà “un altro caso”, un’altra storia di Marzia, questo sì, la sto già scrivendo, perché lei per me è “una storia”.
Sarà la conclusione, non credo che io riesca a diventare un
narratore seriale di noir, altri sanno farlo, molto meglio di me.
Serial Writers o lupo solitario Francesco Di Domenico è già sulla scena del prossimo racconto insieme all’ispettrice Marzia D’Aponte per indagare nel mondo femminile. Un progetto ambizioso se persino Freud ammetteva: “La grande domanda… alla quale non sono stato in grado di rispondere, nonostante i miei trent’anni di ricerca nell’anima femminile, è: “Che cosa vuole una donna?” Ma la scrittura rende audaci e una donna per poliziotto è una patner ideale in questa avventura.

 

 



2016-02-22