articolo 1509

 

 
 
Biennale di Venezia
Intervento del Presidente Baratta
 











Paolo Baratta

La Biennale è come una macchina del vento. Ogni due anni, scuote la foresta, scopre verità nascoste, dà forza e luce a nuovi virgulti, mentre pone in diversa prospettiva i rami conosciuti e i tronchi antichi (e quest’anno i tronchi saranno davvero antichi vista l’intenzione della curatrice di aprire con Tintoretto).
La Biennale è un grande pellegrinaggio dove nelle opere degli artisti e nel lavoro dei curatori si incontrano le voci del mondo che ci parlano del loro e del nostro futuro.
L’arte è qui intesa come attività in continua evoluzione.
Se un museo si qualifica principalmente per le opere che possiede (anche se non esclusivamente, visto che ai direttori di musei si chiede oggi di essere anche manager e impresari), una istituzione come la Biennale si qualifica piuttosto per il suo “modus operandi”, per i metodi seguiti, per la natura dei soggetti che vi partecipano, per le scelte sul metodo e per i
principi e le regole che ispirano la sua organizzazione, per gli spazi di cui dispone, ecc.: insomma per la Forma dell’Istituzione che si riflette nella Forma data alla Mostra che vi si tiene ogni due anni. Ed è dalla qualità di questa Forma che dipende il raggiungimento del principale nostro obbiettivo: ottenere la stima del mondo.
Dopo 116 anni di vita della Biennale, la Forma della Mostra attuale è quella definita in modo compiuto nel 1999 e confermata e perfezionata negli anni successivi. Dico questo perché è proprio a partire da quell’anno che alla mostra organizzata per padiglioni si affianca in modo netto e distinto la mostra che il curatore nominato dalla Biennale deve organizzare come “mostra internazionale”, con un compito netto non dovendo egli darsi carico della selezione del padiglione italiano.
La Mostra della Biennale si presenta dunque ora fondata sui seguenti pilastri.
1) Primo pilastro: i Padiglioni dei Paesi partecipanti.
Sono 28 i padiglioni fissi dei
paesi costruiti all’interno dei Giardini, utilizzati da 30 paesi titolari considerati partecipanti permanenti. Sono però partecipanti ad egual titolo altri paesi che chiedono di essere invitati alla Mostra; di questi alcuni trovano spazio all’interno dell’Arsenale, altri trovano il loro spazio in luoghi diversi di Venezia. I paesi partecipanti quest’anno, ad oggi confermati, sono complessivamente 89 (erano 77 nell’ultima Biennale).
Tra questi alcuni sono presenti per la prima volta: Andorra, Arabia Saudita, Repubblica Popolare del Bangladesh, Haiti. Altri sono tornati dopo presenze antiche: India (1982), Repubblica Democratica del Congo (1968), Iraq (1990), Repubblica dello Zimbabwe (1990), Sudafrica (1995), Costa Rica (1993, poi con l’IILA) e Cuba (1995, poi con l’IILA).
Ricordo che per ogni Biennale le amministrazioni degli stati che gestiscono i padiglioni (o le amministrazioni cui gli stati hanno affidato la gestione del padiglione) nominano un commissario ed un
curatore.
Nell’autunno che precede la Mostra si tiene una riunione generale nella quale il curatore nominato dalla Biennale illustra le linee del suo progetto per la “sua” mostra internazionale. Si tratta solo di una informazione, i curatori dei vari paesi non sono vincolati e possono compiere le loro scelte liberamente.
I Padiglioni dei paesi sono una caratteristica molto importante della Biennale di Venezia. Una formula antica di presenza degli stati eppure viva e vitale più che mai. Preziosa in tempi di globalizzazioni, perché ci dà il tessuto primario di riferimento sul quale possono essere osservate e meglio evidenziate le autonome geografie degli artisti, sempre nuove, sempre varie.
Ci si può chiedere in che misura questi padiglioni portino con sé, per quanto ampia sia l’autonomia lasciata ai curatori, anche desideri di rappresentazione del paese che li organizza. Ognuno ha la sua storia e il suo stile. Possiamo senz’altro dire che in essi i paesi rivelano il ruolo
attribuito all’arte contemporanea quale messaggera del loro presente e della loro ricchezza culturale. Ma dai padiglioni vengono anche rivelazioni su realtà e ricchezze più profonde di quelle delle pretese o consuete immagini ufficiali e stereotipe.
2) Secondo pilastro: La Mostra internazionale del curatore della Biennale.
Al centro, parallela alla serie dei Padiglioni dei paesi, sta la Mostra Internazionale del curatore, quest’anno Bice Curiger, che ha scelto come titolo ILLUMInations (gli artisti presenti saranno 82). Il curatore (la curatrice) è chiamato espressamente a realizzare una mostra “senza confini”. La Biennale non ha nominato comitati o commissioni, né diversi curatori per diverse aree, ma si affida alla singolare responsabilità di un curatore (assistito dai suoi consiglieri, e, per l’esecuzione, dalle strutture della biennale).
Tra scelte dei curatori dei padiglioni nazionali e scelte del curatore della Biennale, tra mostra internazionale del curatore e mostra
internazionale dei padiglioni, si determinano così liberamente scelte condivise o scelte diverse. Il rapporto dialettico tra queste diverse scelte rappresenta un elemento qualificante il suo carattere internazionale: una mostra dai molti occhi, dai molti punti di vista.
3) Terzo pilastro: Gli spazi per realizzare la grande Mostra internazionale del curatore della Biennale.
Dovevano essere adeguati allo scopo. E proprio per questo, nel 1998 abbiamo ampliato grandemente gli spazi che oggi sono costituiti: da un lato dal Padiglione centrale e dall’altro dall’Arsenale.
Gli spazi costituiscono un elemento essenziale della Mostra che, negli spazi e nella loro particolare articolazione e qualità, trova lo strumento più opportuno per formare il proprio linguaggio.
Val la pena ricordare che da quando abbiamo realizzato quegli spazi e chiarito il nuovo impianto della mostra è aumentato il numero dei Paesi che chiedono di partecipare alla Biennale. Erano 61 nel 1999, sono oggi
89.
Negli anni recenti è stato realizzato e poi molto ingrandito il nuovo Padiglione Italia all’Arsenale, affidato quest’anno alla cura del prof. Vittorio Sgarbi, nominato curatore dal Ministro della cultura italiano.
4) Un ulteriore componente: Le partecipazioni collaterali.
Soggetti non profit possono presentare progetti per piccole mostre, da tenersi nella città di Venezia, normalmente per tutti i sei mesi della mostra. Il curatore della Biennale, anche qui in totale autonomia, giudica la loro qualità e ammissibilità come “collaterali”. Quelle ammesse possono fregiasi del logo Biennale, sono incluse in una sezione speciale del catalogo e sono pubblicizzate dalla Biennale. Si offre così a soggetti capaci di esprimere una scelta di qualità un modo di essere presenti. In alcuni casi l’opportunità è stata raccolta da minoranze etniche che scelgono l’occasione della Biennale d’Arte per far sentire la loro presenza e dimostrare la loro identità culturale. Abbiamo sempre
attribuito grande importanza a questa possibilità (quest’anno sono state presentate 83 domande, la selezione del curatore ne ha ammesse circa il 50%).
5) Un elemento decisivo: la città di Venezia che per sei mesi accoglie sul suo territorio questo grande insieme di energie vitali.
6) Un pilastro sempre più importante della nostra costruzione è poi la cura del pubblico.
Da tempo la Biennale sviluppa attività educational e visite guidate.
Queste attività sono svolte con un numero sempre crescente di scuole della regione.
Quest’anno però abbiamo aperto un nuovo campo d’azione. Dopo l’esperienza compiuta favorevolmente con la Mostra d’Architettura, per la prima volta lanciamo il programma “Biennale Sessions”.
Esso è rivolto a istituzioni operanti nella ricerca e nella formazione nel campo delle arti o nei campi affini, Università, Accademie di Belle Arti, Istituti di formazione e di ricerca. Scopo è quello di offrire una facilitazione a visite di tre giorni da loro
organizzate per gruppi almeno di 50 tra studenti e docenti, con vitto a prezzo di favore, la possibilità di organizzare seminari in luoghi offerti gratis, assistenza all’organizzazione del viaggio e soggiorno. Vorremmo che queste istituzioni considerassero la Biennale d’Arte un luogo dove svolgere, seppur per breve tempo, una sessione del loro lavoro di studenti, ricercatori, insegnanti.
Ho inviato nei giorni scorsi già oltre 2.000 lettere ad altrettante istituzioni del mondo, attendiamo le risposte.
Durante la Mostra si terranno poi seminari aperti. “Meetings on Art” saranno organizzati in giugno e alla ripresa autunnale.
Con questo pilastro vogliamo confermare il ruolo della Biennale di Venezia quale istituzione aperta alla conoscenza e allo spirito di ricerca, degna di un pellegrinaggio.
Ho detto dell’importanza del ruolo del curatore e della responsabilità lui (lei) affidata.
Il curatore deve avere occhio esperto, spirito indipendente, generosità verso gli artisti,
severa capacità di selezione, grande fedeltà a quella misteriosa dea che è la qualità.
Sguardo libero sul mondo.
Queste doti il mondo riconosce a Bice Curiger.
Con Lei siamo tornati a Zurigo. Cominciammo con Szeemann, appunto nel 1999.
Alcuni amici descrivono questi 12 anni di Biennale come “il felice viaggio dalla barba di Harald al rosso ciliegia del rossetto di Bice”.
Concordiamo con Bice. In un’epoca nella quale l’arte ha da tempo cessato l’enfasi sulla provocazione dell’anti-arte, cerchiamo le vie del colloquio tra l’opera dell’artista e il nostro sguardo e il nostro spirito, vogliamo capire e sentire quel di più che l’arte con generosità ci dona e ci sussurra, desideriamo illuminazione come visitatori, come amanti dell’arte, come individui e come membri della comunità umana.
E che Illuminazione sia!
Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia



2011-05-04