Ci sono diversi modi per valutare il grado di vivibilità di una città ovvero di un determinato territorio e gli istituti preposti allo scopo si danno da fare periodicamente per stilare graduatorie e classifiche. Ovviamente c’è da considerare quelli che sono i parametri di ricerca che possono variare di volta in volta e in taluni casi possono apparire del tutto sorprendenti così come, per fare un esempio, nella tradizionale valutazione del paniere della spesa, si ritrovano elementi del tutto fuori rotta per non dire completamente fuori della realtà. Sia come sia, resta il fatto che siamo in qualche modo condizionati da queste analisi, ma ciò non esclude la possibilità di riscontare alcune contraddizioni. Per quanto riguarda ad esempio la città di Napoli i contrasti per così dire appaiono a prima vista stupefacenti. Nelle ordinarie classifiche che ogni anno vengono stilate dai sopraddetti istituti, laposizione della città di Partenope (ma in larga misura la valutazione vale per l’intero Mezzogiorno) è senz’altro avvilente, in quanto risulta (e non da ora) relegata agli ultimi gradini, in pratica come una vera e propria cenerentola incapace di risollevarsi dal pantano in cui da tempo si ritrova. Ma esistono poi anche altri dati ed altre considerazioni. A giudicare dal flusso di turisti che hanno letteralmente imperversato nel periodo delle festività di fine anno, Napoli occupa il primo posto dell’attrattività, superando – e spesso di gran lunga - tutte le altre città che nelle classifiche prima menzionate la distaccano per così dire anni luce. Ed ecco allora il punto sul quale vorrei invitare a una riflessione. Ci troviamo indubbiamente di fronte ad un discreto dilemma: qual è la verità che emerge da tutto ciò? Ci dobbiamo avvilire o entusiasmare? Siamo primi o siamo ultimi? La verità sembra essereun’altra. Lasciamo perdere le stime e le classifiche e riflettiamo su quello che vediamo ogni giorno. Napoli è invasa quotidianamente da eserciti di turisti che finiscono a poco a poco per snaturare il volto della città, basti vedere come sono ridotte le principali strade cittadine: una sterminata sequenza di friggitorie e paninoteche, ristorazioni take away di ogni tipo, bancarelle di mercanzie esotiche che necessariamente imbrattano e deturpano l’immagine storica della città senza trascurare tutti gli altri handicap che situazioni del genere alimentano e favoriscono. Ma soprattutto creando un’immagine più da suk arabo che di grande metropoli europea. Molti però, anche in ambito pubblico e mediatico, si sentono persino inorgogliti dalla situazione in atto e ritengono che questa corrisponda a un indice di sviluppo. E alludono perfino alla riproposizione di un ennesimo rinascimento napoletano. Ma non riflettono su come la città stia diventandoviceversa un’altra Venezia, una volta grande capitale del gusto e della cultura e oggi diventata una Disneyland per avventori occasionali, mentre i lagunari veri hanno tolto le tende e la città si spegne alle nove di sera quando i turisti mordi e fuggi vanno via. E lo spopolamento si sta registrando anche a Napoli dove i residenti storici diminuiscono di anno in anno. Nel Sei e Settecento, tanto per fare un esempio, Napoli e Venezia erano tra le città più popolose d’Europa, come Londra e Parigi. La verità è che il vero sviluppo si ottiene con altri mezzi: incrementando la cultura (vedi per contro la chiusura progressiva delle librerie), sostenendo l’istruzione e la formazione scolastica, (e combattendo seriamente la dispersione), assicurando servizi essenziali all’altezza, come la sanità e i trasporti, tutelando il patrimonio e il decoro urbano, disciplinando seriamente il traffico cittadino. Il tutto, beninteso, nel pieno rispetto dei sacrosanti princìpi di legalità,uguaglianza, solidarietà. Il fascino della città che aveva incantato i viaggiatori del Grand Tour viene in questo modo assalito e smantellato ogni giorno dalle torme di turisti occasionali, all’insegna del fast food, che portano magari un po’ di grana ma imbruttiscono, perfino loro malgrado, tutto il resto. E dell’oltraggio subito, la sirena Partenope non può che dolersi. Antonio Filippetti
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