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Una delle più eclatanti sorprese che sono emerse dal “pacchetto” degli scandali provenienti da Bruxelles (ma non solo) è che il paese (o i paesi) dei “vu’ cumprà” ha decisamente invertito la rotta nel senso, come si è appreso, che sono proprio loro questa volta a comprare i rappresentanti delle altre nazioni. Verrebbe da dire che stiamo improvvisamente assistendo ad un capovolgimento totale delle cosiddetta prassi acquisita. Ma questo potrebbe essere poi anche soltanto un aspetto secondario, quasi di colore, se si pensa al nucleo della vicenda e alle sue nefaste conseguenze. Forse la riflessione più drammatica riguarda il dover ammettere che l’Europa, così come concepita dai grandi europeisti del passato, è totalmente naufragata sotto i colpi di una corruzione generalizzata e fin qui impunita. L’idea di un’Europa “condivisa”, vale a dire interpretata evissuta come un territorio di comune solidarietà e fratellanza, orientata a contenere se non annullare le disuguaglianze, laddove fosse possibile muoversi liberamente garantendo a ciascuno di elargire e ricevere i segni più eloquenti della personale originalità, pare oggi messa in ginocchio dalle fameliche spire dell’egoismo e del tornaconto personale esercitato con arroganza e strafottenza. Naturalmente ci dobbiamo aspettare ora i distinguo, le prese di distanza e l’inevitabile promessa di fare piazza pulita di tutto il marciume al fine di evitare altri episodi simili in avvenire. Insomma la solita tiritera. Si è detto più volte dell’inadeguatezza della classe politica di assolvere il proprio compito in maniera adeguata, questo anche perché negli anni è prevalsa per così dire la pratica della selezione al rovescio, laddove hanno primeggiato diremmo i meno attrezzati e capaci (in barba alla sventolataattestazione di merito). La triste verità è che la cultura che dovrebbe segnare la via maestra della solidarietà, del rispetto della funzione e dei ruoli, della passione per esercitare e proteggere il bene comune è stata affondata dalla smania del tornaconto individuale e del profitto ad ogni costo. La crisi civile che emerge tristemente dalle recenti ”malefatte” è in realtà da mettere in stretta correlazione con l’impoverimento culturale che ogni giorno possiamo verificare nelle classi cosiddette dirigenti, siano esse di natura politica o economica od anche mediatica. La società della complessità ha paradossalmente agito all’incontrario rispetto a quello che c’era da attendersi nel senso che ha via via ridotto il livello di vigilanza morale fino a smantellare del tutto l’esigenza di autocontrollo critico e finendo per assecondare istinti rapaci e predatori. In definitiva è il sistemacultura che è crollato da cima a fondo lasciando necessariamente spazio a ribaldi e sciacalli di ogni tipo. Antonio Filippetti
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2022-12-31
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