Che la società di premiopoli sia, nel migliore dei casi, diventata un barnum tutto da ridere è cosa ormai nota. In un periodo come quello che stiamo attraversando monopolizzato anche dal punto di vista mediatico dalle tristi vicende legate alla pandemia da coronavirus, dove la maggior parte delle attività hanno segnato o stanno segnando una “sospensione” quando non una competa chiusura, c’era da aspettarsi che anche la narcisistica abitudine di creare e assegnare premi di diversa natura venisse in qualche modo ad interrompersi. Stupisce viceversa il fatto che malgrado ciò si continui imperterriti ad inventare e assegnare premi e trofei in spregio per così dire a un elementare “senso di pudore”. Eppure è così e nemmeno si tenta di aggiustare il tiro, nel senso che a nulla valgono le manifeste bizzarrie e incompetenze di chi nel settore specifico dovrebbe almeno vantare unacerta autorevolezza di giudizio, prova ne sia l’attitudine del Premio Nobel per la letteratura a “stupire” con le sue scelte. Infatti, come spesso avviene ed è avvenuto, a sorpresa anche questa volta l’alloro è andato ad una candidata, Louise Gluck, che ha detto essa stessa di essere rimasta colpita. Sembra quasi che i giudici di Stoccolma, più che riconoscere i meriti letterari dei premiati, giochino a mettere in difficoltà non solo i bookmakers della vigilia (che non ne azzeccano mai una), ma i tanti commentatori dei giornali che a caldo debbono allestire un testo critico (?) su un autore che spesso non hanno mai sentito nominare. Il Premio Nobel distribuisce ogni anno una quantità non indifferente di denaro, qualcosa come un milione di euro per ciascun vincitore che in alcuni casi (come sappiamo non sempre) va ad autori non proprio bisognosi di aiuti economici. Tenuto conto dellivello culturale che contrassegna ormai il premio, sarebbe probabilmente più utile e redditizio fare altro uso di quei quattrini, incoraggiando ad esempio gli autori emergenti, le scuole (quelle vere) di scrittura, organizzando corsi di approfondimento e di studio dedicati a scrittori e tendenze letterarie poco studiati, sostenendo quegli enti e quelle associazioni che si battono per la promozione del libro, ecc. Se vogliamo salvare qualcosa ovvero ricavare dall’ultima assegnazione un dato positivo è che il riconoscimento è andato ad una poetessa, una praticante cioè di un genere, la poesia, ormai cancellato dagli editori e trascurato dai lettori. Prediamolo allora come un segnale di speranza per il tempo avvenire. Antonio Filippetti |