Da sempre e da più parti siamo investiti da una richiesta di rinnovamento, auspicabile in tutti i settori della vita civile, culturale, politica, ecc. In concreto però, tocca verificare che il tanto atteso e auspicato cambiamento, all’atto pratico, è un sogno destinato a rimanere perennemente nel cassetto. Se si analizza, ad esempio, l’andamento delle ultime consultazioni regionali il dato è più che evidente. In tutti i territori in cui si è votato, hanno prevalso, talvolta in maniera nettissima, i protagonisti già da tempo sul proscenio, vale a dire i vecchi amministratori. La prima giustificazione di questo stato di cose è da ricercarsi probabilmente nella povertà dell’offerta, nell’ impossibilità di cambiare per lo più in maniera adeguata. Gli sconfitti, infatti, dell’ultima tornata sono gli stessi che già avevano gareggiato – e perso - in passato. Per fare solo qualche esempio siprenda il caso della Campania dove si sono misurati gli stessi personaggi di cinque anni fa (con la sfida Caldoro/De Luca risalente a ben tre consiliature), mentre in Puglia è addirittura sceso in campo Fitto dopo venti anni, alle ricerca forse di una rivalsa in stile il Conte di Montecristo. Questo per dire che c’era ben poco da scegliere e quella metà di cittadini che malgrado tutto (il Covid ed altre difficoltà contingenti) si sono pazientemente recati alle urne hanno avuto in effetti ben poco da scegliere. E nell’incertezza che oramai domina la vita di tutti noi, hanno preferito non rischiare, convinti forse che alla fine non ne valeva la pena e hanno scelto come si dice l’usato sicuro. Desta sensazione in ogni caso che tutti i protagonisti si sono proposti all’insegna del cambiamento, facendo finta d’ignorare il (proprio) passato e stravolgendo finanche la “filosofia” gattopardesca visto che impunemente si sono intestata la paternità dellasvolta rinnovatrice. Ma il cambiamento vero dov’è? Diceva Albert Einstein che “non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose”. Il problema sembra risiedere proprio qui; al di là di slogan e proclami occasionali, chi ha la guida del vapore non ama cambiare, non ne ha né la forza né la volontà e fa tutt’uno semmai con un apparato mediatico e finanziario sussiegoso e accomodante che tiene bordone per ragioni di bottega o di casta. Una spia del resto viene anche dall’analisi dei flussi relativi alle votazioni sul referendum sulla riduzione dei parlamentari. Le sfere per così dire più alte hanno espresso un compatto no, confermando anche in questo caso la predilezione a mantenere lo status quo. Alla fine è un po’ come il gioco delle tre carte dove vince sempre il banco perché è capace di mettere in atto i diversi trucchi in grado di tutelare in ogni caso il vincitorepredestinato. Antonio Filippetti
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