E’ un dato pressoché consolidato: il sistema informativo nel nostro paese non gode per così dire di buona salute, tanto è vero che in tutte le classifiche di merito l’amato Belpaese in questo settore si colloca in posizione di netta retrovia. Né il trend sembra migliorare col tempo. Ma nell’ esplosione orgiastica dei social, nella prepotente affermazione dei blog e dei tweet, tutto passa ormai in second’ordine e nessuno sembra farci più caso. Capita di tanto in tanto che in occasioni particolari, come quella del recente sisma che ha colpito l’Italia centrale, qualche crepa diventi anche qui particolarmente letale. E non ci riferiamo unicamente al dato secondo cui il nostro “Corrierone” on line ha pubblicato la notizia del terremoto con quasi due ore di ritardo venendo surclassato nettamente dalla tempestività di altri “concorrenti”, arrivando benultimo e dopo anche siti stranieri come la CNN o la BBC. In fondo al cospetto di un evento tanto drammatico, dove centinaia di persone hanno perso la vita, non è poi essenziale la classifica di chi è arrivato primo. Non stiamo evidentemente parlando del giro d’Italia o del tour de France. Il problema, ovvero in questo caso la considerazione più patente, arriva dopo. Infatti a partire dalla data dell’evento sismico i giornali, non solo, ma i media in generale, si sono scatenati con articoli e servizi di ogni tipo spesso mostrando una inadeguatezza e una insensibilità da premio Pulitzer: si può mai chiedere “ come stai” ad uno che ha perso tutto: casa, lavoro, affetti e così via? Ma lasciamo perdere. Il dato è che tutti i soloni dell’informazione si sono lanciati in analisi e commenti di ogni tipo all’insegna di una incredibile retorica d’occasione, senza fare riferimento al fatto che per anni nessuna testata si sia data dafare, tranne cosi isolati e marginali, per avviare quel giornalismo d’inchiesta (ormai inesistente nel nostro paese) che avrebbe potuto tenere accesa la spia dell’attenzione su un pericolo che non era secondario e far luce anche su quel mostro canceroso che risponde al nome di imperizia e/o corruzione che divora da sempre ogni barlume di speranza di cambiamento. A questo sistema corrisponde, si direbbe in maniera perfettamente speculare, lo “sfogo” scriteriato del social, di quanti cioè usano il mezzo con risentimento e livore e non vedono l’ora di dare libero corso alla propria rabbia scagliandosi contro tutto e tutti, in pratica l’enorme esercito di imbecilli, secondo la definizione che ne dette a suo tempo Umberto Eco, ma che grazie all’uso massiccio dei social e alla loro diffusione finiscono per essere un megafono seguito ed ascoltato ben oltre i limiti della curiosità occasionale. Anche stavolta, a fronte deldisastro, si è levata qualche voce fuori dal coro a denunciare la stupidità di un buonismo sterile e inconcludente. Ma l’assenza di una dichiarato “concorso di colpa” alimenterà semmai ancora una volta l’immarcescibile pratica delle lacrime di coccodrillo versate su tombe innocenti e in cimiteri ingiustamente sovraffollati. Antonio Filippetti
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