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Verrebbe proprio d’affermare che siamo il paese dei coccodrilli, nella duplice versione: popolare secondo cui si è soliti rimpiangere qualcuno o qualcosa quando è troppo tardi e nel senso giornalistico visto che proprio al famoso animale si richiamano i “pezzi” (spesso predisposti con largo anticipo) dedicati alle personalità che ci hanno appena lasciato. E’ accaduto puntualmente anche nel caso della scomparsa di Umberto Eco, che molti hanno commemorato come una delle migliori intelligenze prodotte dal nostro paese nell’ultimo secolo. Non appena si è diffusa la triste notizia, giornali e personaggi di varia estrazione e formazione non hanno perso occasione per salire paradossalmente sul carro, in questo caso funebre ma in qualche misura ancora “outstanding”, per recitare la propria orazione, per tessere a vario titolo le lodi dell’illustre defunto. E tutti, grandi e piccoli, destra e sinistra in coro hanno voluto vergare ilproprio omaggio al grande scrittore. Tutto giusto e tutto bene. Solo che qualche considerazione “in limine” viene spontanea. Eco aveva per oltre cinquant’anni osservato e giudicato criticamente con imperterrita lucidità il proprio tempo, mettendo ogni volta in risalto errori, anomalie, abbagli di una società – culturale o politica - sempre più asfittica quando non del tutto cialtrona. I suoi libri, i suoi articoli su giornali e riviste erano (e sono) una amara anche se fortunatamente assai spesso ironica osservazione dello “stato dell’arte” che non lasciava presagire certo “sorti magnifiche e progressive”, tutt’altro; lo scrittore metteva in luce ampie zone di degrado civile e morale, metteva in guardia contro le improvvisazioni di tanti ciarlatani impegnati ad abbindolare una platea sempre più addomestica dai riti televisivi e dagli altri fasulli strumenti tecnologici: “il computer non è una macchinaintelligente che aiuta le persone stupide, ma è una macchina stupida che funziona solo nelle mani di persone intelligenti”. E’ solo un esempio dei modi in cui Eco si poneva nei confronti degli idoli telematici. In altra occasione ebbe anche a dire che “i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”. Il pensiero e l’intelligenza di un personaggio del genere andavano messi a frutto in tempo debito, non solo ma potevano rappresentare un grimaldello per scardinare il muro delle banalità che ahimè continuano a girarci intorno e spesso a renderci prigionieri del nulla. Ora che Eco non c’è più, tutti vogliono tessere le sue lodi e, paradossalmente, tra le schiere di questi estimatori postumi, ci sono anche tanti che Eco in vita non lo hanno mai conosciuto né tanto meno studiato. Antonio Filippetti
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2016-02-28
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