Ai nastri di partenza la sarabanda della Biennale
 







di Arianna Di Genova




Un enorme coniglio viola con l'occhio bendato dal teschio tipico dei corsari lancerà la sua zattera clandestina alla volta della 52/ma edizione della Biennale d'arte di Venezia (vernice a partire dal sei giugno, apertura al pubblico dal dieci). I «pirati» - il duo torinese che prende il nome dal suo personaggio, ConiglioViola appunto - spareranno cinquantadue colpi di cannone e così, simbolicamente, dichiareranno guerra al sistema dell'arte e ai suoi meccanismi di controllo della creatività.
Una sfida bellica che però non riuscirà a fermare la macchina della Biennale che è già partita, macinando iniziative, mostre, eventi, party e spargendo inviti a pioggia. Secondo una tabella di marcia piuttosto verosimile, chi si troverà a Venezia durante i tre giorni del vernissage, dovrebbe correre da una parte all'altra della città, abbuffandosi fino alla nausea fra breakfast, lunch, dinner, conferenze e incontrisorprendenti. Curata dall'americano Robert Storr e fiorita sotto un titolo che induce alla sovraimpressione fra ragione ed emozioni, Pensa con i sensi - Senti con la mente. L'arte al presente, la Biennale 2007 si candida a essere affetta da un certo gigantismo. Ci sarà moltissimo da vedere con un unico problema: il dilemma dello spazio-tempo e delle corse (dis)umane cui inevitabilmente si è costretti nonostante la scrematura oculata delle offerte.
L'intricatissimo percorso che compone il mosaico Biennale conta infatti più di settanta mostre «collaterali» (compresi i padiglioni che non hanno sede presso i consueti Giardini), escluse le installazioni che invaderanno vetrine e alberghi. Si preannunciano immagini video, sculture monumentali e strane presenze per un nuovo bestiario tutto contemporaneo: in Laguna, dopo i pinguini rossi della scorsa edizione, sono approdati quest'anno alcuni coccodrilli fucsia, firmati da Cracking Art che, al momento, nuotano affannosamente nel CanalGrande.
La manifestazione ufficiale rischia quasi di essere «oscurata» dai nomi altisonanti che occupano palazzi storici e luoghi più prosaici. Basti citare l'accoppiata Beuys-Barney proposta dal Peggy Guggenheim, l'artista giapponese Yasumasa Morimura che utilizza il suo corpo per interpretare, nella galleria di San Marco della Fondazione Bevilacqua La Masa, le icone dello star system politico e hollywoodiano, Damien Hirst con la sua cristologia dai toni piuttosto necrofili e gli «angeli» scesi sulla terra grazie al padre della pop inglese, Richard Hamilton. A sparigliare le atmosfere celestiali, ci pensa poi Thomas Demand alla Fondazione Cini con l'opera, fortemente politica, Yellowcake, ispirata a un fatto di cronaca che ha origine all'ambasciata del Niger a Roma. Qui si sarebbero prodotti i documenti con cui, nel 2003, Bush accusò Saddam Hussein di aver tentato di procurarsi uranio in Africa per la fabbricazione di armi nucleari (documenti che si sarebbero rivelati unacontraffazione).
Fervono anche le isole lagunari, con San Servolo pronta a ospitare venticinque gallerie per la Venice Video Art Fair, a cura di Raffaele Gavarro che, inoltre, porta sull'isola alcuni artisti emergenti sulla scena internazionale, riuniti nella mostra Shot and go. A San Lazzaro degli armeni, Joseph Kosuth propone invece il suo intervento che trasfigura l'ambiente da «cartolina» attraversando il paesaggio, dal campanile al promontorio, con il suo Linguaggio dell'equilibrio redatto in neon giallo. Infine, un salto al caffè Florian è d'obbligo, per osservare da vicino lo stridere delle atmosfere retrò con lo stile acido di Botto&Bruno.
Girando da un posto all'altro, non si potrà fare a meno di notare targhe e insegne che narrano in poche righe la storia cruenta dell'umanità: sono le installazioni di Edgar Heap of Birds, artista di origine cheyenne/arapaho che porta a Venezia la sua Most Serene Republics.
L'esposizione all'Arsenale, la «griffe» del direttoreStorr, permette di compilare una lista di invitati che sfiora il centinaio di presenze mentre i padiglioni nazionali si attestano su settantasei ospiti, vista la defezione dell'Afghanistan per la crisi sociale e finanziaria in cui versa il paese distrutto dalla guerra e l'assenza ingiustificata dell'Iran che non si è presentato all'appello. I suoi artisti, con grande rammarico, hanno fatto sapere al mondo intero che non condividono la politica culturale del loro governo. Considerate le new entry da non perdere - in primis il Libano alla Giudecca - ai Giardini sono da tenere d'occhio i (poco classici quest'anno) padiglioni della Francia e dell'Inghilterra. Il primo è occupato daSophie Calle che «ricama» storie sulla fine dell'amore con l'aiuto di cento «comparse» femminili, selezionate per la loro professione; il secondo, si avvale del temperamento di Tracey Emin che ha confessato al Guardian di aver sempre pensato che non fosse lei quella giusta per un'occasione come la Biennale ma,casomai, una collega più «glamorous» come Gillian Wearing.
I Paesi Bassi si piazzano in pole position con Aernout Mik che racconta l'ossessione securitaria e i comportamenti polizieschi verso gli immigrati, mentre l'America con Gonzalez Torres cerca il «politically correct» in ritardo sui tempi. L'artista, nato a Cuba, cresciuto a Portorico e trasferitosi a New York, è morto nel 1996 a causa dell'aids.
Si prospetta anche un padiglione rom che chiama in campo il paradiso perduto a cui risponde la Spagna con il suo «eden spezzato». E per rimanere nell'aria celeste, c'è Art Radio Live, evento radiofonico che ha come quartier generale una barca ormeggiata all'ingresso dei Giardini e manda in etere l'arte globale.
Da studiare con attenzione, infine, il continente Asia. La Cina ma anche Macao, Hong Kong e Taiwan; la Thailandia ma anche il patchwork indonesiano.
Ultimo capitolo, i premi. Due per adesso, gli altri saranno assegnati in ottobre: il Leone alla carriera al malianoMalick Sidibé (proprio nell'edizione che ospita gli artisti africani con Check List) e il premio alla giovane arte italiana a Nico Vascellari.da Il manifesto






2007-06-11


   
 

 

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