L’Egitto come Archetipo delle Civiltà
Riapre al MANN la sezione egizia
 







Fiorella Franchini




Le religioni che pratichiamo, i simboli che ci circondano, molti dei principi cui ci ispiriamo derivano in gran parte dalla cultura dell’antico Egitto. Gli stessi filosofi greci e molti saggi del lontano Oriente erano iniziati ai misteri egizi.
“O Egitto,Egitto, dei tuoi culti non resteranno che favole, e quelle stesse sembreranno incredibili ai posteri,e sole sopravviveranno le parole incise su pietra a narrare i tuoi atti di pietà” insegnava Thot ad Asclepio (I. Naidler).
Una predizione che riguarda la nostra intera civiltà, un richiamo che da tempo non ci abbandona.L’Egitto incarna il fattore istintuale, indistinto e occulto del misterioso e della sacra intelligenza, un pensiero che non è influenzato né dal tempo né dallo spazio e ritorna nella nostra ammirazione profonda per la sua arte, per le conoscenze sapienti.
Napoli, forse più che altre città, ha assimilato questo nutrimento del pensiero creativo,spirito che risiede nel mondo eterno e, con la riapertura della sezione egizia del suo Museo Archeologico, ritrova questo legame profondo, ancestrale, spezzato, in parte, dalle esigenze logistiche e di tutela di un patrimonio che appartiene all’umanità, tuttavia presente, vivo, basti pensare alla Statua del dio Nilo posta nel cuore del centro storico testimonianza dell’ampia regio Nilensis di Neapolis, dei commerci degli alessandrini, del loro tempioperduto dedicato a Iside.
La collezione del MANN, tornata visibile dopo oltre dieci anni, si compone di circa 2500 oggetti databili dall’inizio dell’era dinastica e la fine dell’epoca bizantina, dal 3000 a. C. al 650 d. C. pervenuti tra il 1803 e il 1917 attraverso l’acquisizione di collezioni private molto diverse tra loro per epoca, dimensioni, formazione, nonché un gruppo di oggetti egiziani o d’imitazione rinvenuti in varie località della Regione.La storia della collezione egiziana inizia, invece nel 1821, quando il direttore del Museo, il MarcheseMichele Arditi, realizza il “ Portico dei monumenti Egizi”, una delle prime esposizioni in Europa, mettendo in mostra, tra l’altro, il Naoforo e due Isidi farnese.
L’odierno allestimento, oltre al valore sacrale ha un importante significato civile e politico, come ha sottolineato il direttore Paolo Giulierini, c’impone riflessionisul ruolo delle relazioni tra l’Egitto e la capitale partenopeanel passato come nel presente del Mediterraneo, mostrando quanto sia centrale e indispensabile salvaguardare rapporti, scambi ecooperazioni.
Una tappa fondamentale che s’inserisce in un progetto nazionale pluriennale partito a giugno con l’apertura della sezione dedicata ai Culti Orientali e che vedrà nell’aprile del prossimo anno l’inaugurazione della Sezione Epigrafica consolidando una collaborazione proficua con il Museo Egizio di Torino e le Università napoletane che proseguiranno con i fondi residui i progetti di ricerca.
Grande attenzione anche all’aspetto pedagogico curato sia a livello di sistemazione museale, che sul piano editoriale con la pubblicazione della Guida scientifica ELECTA e di un libro fumetto di Blasco frutto del progetto di comunicazione OBVIA che ha affiancato all’informazione istituzionale i Social, i film d’epoca, le miniature storiche, la Lego.
Un’esposizione che si rivolge ai visitatori ma anche agli addetti ai lavori con diversipiani di lettura e di fruizione grazie all’organizzazione tematica e agli approfondimenti che ripercorrono la storia delle antichità e del Collezionismo, la società egiziana, i riti funerari, la mummificazione, la religione e la magia, le arti e la scrittura.
Impossibile non lasciarsi affascinare dalla statua del funzionario, detta la dama di Napoli, la più antica della collezione, proveniente dalle necropoli di Saqqara, dal monumento di Amenemone, una delle sculture più originali, risalente alla XIX dinastia, regno di Ramses II, dagli amuleti e dagli Uscebti, immagini dei defunti che li sostituivano, quando,secondo le credenze dell’epoca, questi ultimi erano chiamati a coltivare i campi, dall’antico vasetto contenente un medicamento per la tosse, le mummie e i vasi canopi.Gli Ibis, i pezzi che hanno più viaggiato in assoluto, imprigionati nella vetrina sembrano voler spiccare di nuovo il volo e il coccodrillo mummificato con bende e foglie di palma e corda, ci riporta con la fantasia al Nilo, ai riti della fertilità e ai pericoli del fiume sulle cui sponde si svolgeva la vita quotidiana e al culto del dio Sobek.
Il fascino dell’Egitto non è una moda d’epoca o una mania dei collezionisti che tuttavia ha avuto una grande parte nella vita culturale dal Settecento al primo Novecento. La stessa Napoli è stata al centro dei grandi traffici di reperti egizi, lucrosa speculazione alimentata da un grande amoreper l’arte, dalla vanagloria, dalla superstizione. Un’attenzione particolareè stata dedicata dai ricercatori del MANN a una delle false mummie create nel XIX secolo con frammenti umani provenienti da due farmacie napoletane, quella del monastero di San Francesco di Paola e dell’Annunziata. Lo studio ha permesso di approfondire oltre alle tecniche di restauro ottocentesche, l’uso, nella farmacopea dell’epoca, dei corpi antichi per la produzione di polvere di mummia, molto utilizzata nella cura delle paralisi e dell’epilessia, di emicranie, vertigini, mal d’orecchi.
Dall’epoca dinastica fino al 640 d.C. l’Egitto è stato al centro del Mondo diventando poi parte di una grande società umana e mediterranea insieme ad altre civiltà come la greca, la romana, i popoli italici che hanno forgiato il sentire dell’uomo moderno.
D’allora immaginazione, arte e storia si fondono in simboli e immagini, congiungono spirito e materia, alimentando l’inconscio collettivo sempre in cerca della via per tornare all’UNO. “L’Egitto si offre come la parte smarrita della nostra storia e di noi stessi” scrive Jivan Parvani. E’ una funzione primordiale,è un principio, la materia spirituale cheha dato origine a tutto ciò che esiste. E’ un Archetipo, “non trasmette nulla, ma è”.






2016-10-12


   
 

 

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