Il trasloco della canzone
 







Antonio Filippetti




A leggere la “stupefacente” notizia del trasferimento del museo della canzone napoletana dalla nostra città di Napoli  a Milano, verrebbe in primo luogo da dar ragione a Giovanni D’Anzi , l’autore di “Oh mia bela Madunina” che nella citata canzone  scrive testualmente (traduco in italiano): “cantano tutti che lontano da Napoli si muore, ma poi vengono qui a Milano”. Ed è proprio quello che è accaduto o sta per accadere. Il nostro tanto declamato archivio (non museo, essendo il museo un’altra cosa)  sonoro della canzone napoletana ha chiuso per così dire i battenti e si è trasferito altrove. Qualche interrogativo nasce allora spontaneo: In primo luogo sarebbe il caso di sapere chi lo ha deciso e perché, visto che anche “organi istituzionali” si mostrano all’oscuro dell’evento. E naturalmente ci sarebbe da riflettere anche sulla ragione del conclamato stupore che ci assale solo nei momenti topici o megliodrammatici di determinanti avvenimenti.
Ma forse l’argomento  più interessante è un altro. Che cosa è stato cioè quest’archivio, ovvero chi lo ha messo in piedi, quanto è costato (ed è costato sicuramente parecchio) e chi lo ha pagato. Tutti interrogativi che in verità non hanno mai avuto una risposta, anche perché solo  pochi ”eletti” erano a conoscenza del fatto che esisteva in città una presenza diremmo culturale di questo genere, visto che anche per gli addetti e gli esperti non era poi così semplice potersi mettere in contatto con l’archivio in questione, ovvero frequentarlo come avviene ad esempio non per un museo ma almeno per una biblioteca a cui l’archivio stesso poteva forse esser paragonato se non altro per la possibilità  di intraprendere almeno una periodica consultazione .
L’osservazione più amara probabilmente sta non soltanto nel dover registrare il trasferimento in atto quanto nel fatto che ripetutamente siamo destinatari di notizie apparentemente“esplosive” ma che poi  si traducono in un desolante nulla di fatto. Tanto per dire, non abbiamo più alcun segnale  in merito al progetto avviato diversi anni fa dalla Regione Campania sulla “Memoria del futuro” e che pure pare sia già costato un bel po’ di soldini.
Se ci riferiamo alle cronache quotidiane, siamo sorpresi, (all’apparenza positivamente) nell’apprendere che molte operazioni culturali di prestigio saranno attuate in  tempi brevi, in una girandola di promesse che sembrano susseguirsi una dietro l’altra  ma col deliberato proposito di far dimenticare ogni volta quelle, diremmo, del giorno prima.
Il patrimonio della canzone napoletana, è superfluo ricordarlo, è un tesoro inestimabile da tutti i punti di vista, unico e irripetibile  e in tutto il mondo si meravigliano dell’ assenza di tutela e valorizzazione da parte nostra di un simile scrigno, visto che altri, lontani da noi, si adoperano in tal senso, come accade in Giappone dove esiste, adesempio,  una scuola di mandolino. L’archivio in questione doveva forse rappresentare un primo passo per un percorso e un discorso ben più serio e articolato, tenuto conto che molte cose erano lasciate al caso. Senza entrare nello specifico, visto che altri hanno ben altre competenze per farlo, ricordo  soltanto d’aver ascoltato quasi inavvertitamente  una versione di “Santa Lucia luntana” (proprio la canzone con cui “La Madunina” polemizza contro i napoletani) nientemeno che di Elvira Donnarumma, ma che per  “motivi tecnici”  faceva inorridire.
Ma lasciamo perdere. Cosa succederà ora. Daremo ragione a Giovannino D’Anzi e ci rassegneremo, dopo qualche contumelia di rito, all’evidenza dei fatti? Si creerà un comitato, un “girotondo” di protesta? Si troveranno alternative in fretta e furia?  E poi?  Poi si andrà  sicuramente allo stadio a cantare “’o surdato ‘nnammurato”.
Antonio Filippetti






2015-11-02


   
 

 

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