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Un panorama di tendenze.

di Raffaele de Grada

Continuava il diluvio dell'"informale lirico"e i valori illustrativi, quelli che per il vecchio Bernard Berenson erano valori fondamentali della pittura, erano più che dispregiati, quando mi giunsero le prime incisioni - e subito dopo vidi i quadri - di Domenico Simonini. Queste opere di racconto del giovanissimo emiliano (di Vignola) sembravano incise e dipinte in ore notturne o meglio, per usare una bellissima immagine di Ungaretti, nell'"ampia ansia dell'alba", nell'attesa trepida del giorno che può anche non venire. Gli stimoli culturali che si avvertivano nel giovane Simonini erano quelli di una lettura del reale in chiave secessionista, fenomeno assai comune ai giovani del nostro tempo intesi alla composizione di figure. Direi che questa base culturale è altrettanto estesa quanto lo fu ieri la ricerca impressionista per tutti i pittori di paesaggio nella prima metà del secolo.
Ma niente di più di un richiamo culturale agli stimoli secessionisti, perchè Simonini, accentuandolo negli anni più recenti, ha obbedito alla sua natura di pittore alla maniera antica, sublimando le sue figure in una maestà assoluta, in una angosciata magnificenza. Dieci anni fa, quando si presentò con la sua bella ingenuità, gli riscontrammo alcune durezze, sommarietà, che derivavano evidentemente dall'essere egli tutto intento al racconto pur con un ideale astratto metafisico nella mente. Eppure era un'ingenuità sui generis perchè l'arte di Simonini - incisione e pittura - invece di disporti a un atteggiamento paternalista come quello che siamo inevitabilmente portati ad assumere di fronte agli artisti cosiddetti naifs, ti metteva invece in un certo imbarazzo, come se il critico sentisse la necessità morale di uscire dagli stereotipi di una critica d'arte che non riesce più, vinta dagli schemi, ad evidenziare la vera personalità di un artista.
L'arte di Simonini infatti ti colpisce e non sempre in modo gradevole; tuttavia il suo modo di essere, della pittura e incisione, è insolito, chiede il ricorso a un sistema nuovo di giudizio. Simonini non fa parte di alcuna corrente; non so neppure ravvisare una tendenza precisa a cui ricondurlo. Allora, che cos'è Simonini? È un modesto Narciso di provincia, in attesa che un novello Valéry venga a scoprirlo? No, certamente. Tuttavia l'arte di Simonini non può essere liquidata con le solite definizioni e attributi critici. Pur essendo egli un uomo provvisto di una grande modestia, attributo così difficile oggigiorno, per lui si devono piuttosto scomodare le categorie critico-estetiche che provengono dall'antichità. Perchè Simonini, a sua insaputa, è un pittore filosofo, mira all'unità tra emozione e ideologia, tra il mondo come gli appare e come dovrebbe essere, anche se il dover essere è triste, acerbo, spesso squallido e invivibile. Ma, a differenza del turbolento terreno dell' espressionismo, Simonini regola la sua materia con finezza di gusto e con giudizio fermo e maturato sulle cose che egli vede e che decide, perchè merita, di rappresentare.
E siamo alla questione dei contenuti. Simonini rispecchia la vita di oggi, come la può osservare non soltanto in una cittadina di provincia. Ognuno ha un lavoro, ognuno fa la sua parte nella società: gente che va, gente che viene come nel Grand Hotel del film di Greta Garbo. Ma quelli che vanno, e vengono, come vivono, qual è - come si dice - il loro modo di vita? Simonini lo osserva, ma non si picca affatto di scoprire qualcosa di veramente inedito. Gli basta ricondurre la sua rappresentazione alla banalità sublime dell'illustrazione che verifica il tempo che passa, il giorno dopo giorno, l'esistere come vivere.
Il vivere in società è difficile, spesso oscuro, non premia l'onesto. Flaubert diceva: "Madame Bovary, c'est moi". Eppure Flaubert era un uomo e non aveva certo avuto i problemi della Bovary, sua creatura. Così Simonini non ha certo i problemi dei suoi personaggi. E come potrebbe averli, di tutti? Eppure, guardando i suoi quadri e le sue incisioni, si sente che egli si immedesima in ognuno di loro, fa la parte di ognuno, in questa commedia umana che è la vita.
Domenico Simonini è un pittore "moderno", molto più moderno di quanto non lo siano gli uccelli di gabbia delle rispettive tendenze e correnti. È moderno perchè le sue incisioni e i suoi quadri ci portano a quegli spettacoli che ogni giorno e sera noi assorbiamo dalla televisione. Ma non è un realista vetere sensu; egli rappresenta il reale, il quotidiano, più notturno che diurno, ma nello stesso tempo ne fugge, come se temesse di immedesimarvisi, di soffrilo e forse anche di goderlo. Nell'ambito della pittura rappresentativa e illustrativa (nel senso berensoniano) Simonini è lontanissimo da quella figurazione da vaudeville che caratterizza tanta pittura di questo tipo. Sul filo dello sguardo di Simonini passano scene di bar e di stazione, di mercato e di fughe in metropolitana; egli, uomo di campagna, si è impadronito come pochi altri della città. Il suo non lungo excursus ci presenta un serrato quaresimale della nostra vita quotidiana. Ma quanto è lunga questa nostra Quaresima!

 

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